Intervista ad Anna Butticci



La poetica di Emilio Prini


La poetica di Emilio Prini: dalle azioni e dal rapporto di interazione con lo spettatore alla teoria dello Standard.

persone citate: Zevi, Adachiara [critica, curatrice] ; Sargentini, Fabio [gallerista]

trascrizione:
G.T.: Anche un pò provocatorio? Che era poi nelle sue corde. Parlando un po' della poetica di Emilio Prini, che era interessantissima, c'era da una parte questo rapporto di interazione con lo spettatore di cui abbiamo parlato, dall'altra poi c'è tutta questa teoria sull'idea di Standard, di vuoto.

A.B.: Ecco, negli anni dopo, noi siamo stati insieme circa 14 anni.

G.T.: Scusa se interrompo. Vorrei dire una cosa prima che tu vada avanti, purtroppo Emilio Prini ad un certo punto viene colpito da una malattia invalidante. E tu in qualche modo sei diventata anche il suo braccio?

A.B.: No. Cioè dopo che ci siamo lasciati, dopo un pò di anni poi ci siamo ritrovati nel miglior modo, che per me è stato invece un in più. Cioè vederlo completamente come artista, senza un sentimento di mezzo, e ho avuto l'occasione di conoscerlo di più, di avere un rapporto comunicativo più interessante perché ho capito meglio le sue cose. Lui aveva questa impossibilità di muoversi e infatti in quel periodo ha trovato…sai che lo standard l'ha usato, l'ha teorizzato molto bene e ha fatto anche un cartello in cui ha scritto: "Lo standard nelle sue facoltà dimensionali, perché ce ne sono due o tre versioni, è intero nel senso globale del termine".
Cioè lui usava dei materiali o per delle lastre di metallo o di medio density completamente intatte e dove il suo intervento era minimo. Quindi esprime il concetto della cosa data infatti c'è una sua famosa dichiarazione, contenuta in questo unico catalogo della mostra curata da Adachiara Zevi, dove lui dice: "Non ho programmi, vado a tentoni, non ho fatto io il tavolo, la sedia, il foglio, la penna con cui scrivo". E la CS che sarebbe appunto la Cosa Standard per cui ribadisce "Io non creo se possibile". Questo fa parte di quel processo in cui lui prende l'oggetto che gli interessava, e negli ultimi anni è stato il foglio di carta, perché il suo perimetro si è ristretto in modo tale da potersi muovere.Ha trovato il suo perimetro ideale in questo foglio bianco. E ci sono molti fogli bianchi di tantissime dimensioni.

G.T.: Che possiamo considerare la sua ultima produzione?

A.B.: Sì, la sua ultima produzione che va da 70x50 cm a 100 x 150 cm ovvero il formato standard del cartoncino Fabriano. Su questi supporti ad esempio lui faceva i ritratti scrivendo il tuo nome in un modo molto illustrativo dato anche dal suo impedimento fisico che lo rendeva anche più interessante.

G.T.: Questa idea dello scrivere in modo appunto visivo, come ad esempio con la macchina da scrivere, che torna allo standard. Lavori fatti negli anni Settanta se non sbaglio?

A.B.: Sì, anche prima. E mi ricordo che ne fece uno che mi rimase impresso e lo vidi anche da un collezionista. Erano i "Disegni". In occasione di una mostra da Sargentini lui ne fece uno molto interessante che era il ritratto di Napoleone fatto con due lettere.