Intervista ad Annina Nosei



Marcel Duchamp


Annina Nosei racconta della sua tesi su Marcel Duchamp e del suo incontro con l'artista, il quale aveva risposto a una domanda della giovane con una frase misteriosa, compresa nella sua valenza alchemica solo molti anni dopo.

soggetti:
critica d'arte; significato alchemico

persone citate: Argan, Giulio Carlo [docente, storico dell'arte] ; Duchamp, Marcel [artista] ; Schwarz, Arturo [critico d'arte] ; Calvesi, Maurizio [storico e critico d'arte]

opere:
Boîte Verte, Marcel Duchamp

enti e istituzioni:
Università La Sapienza (Roma)

trascrizione:
F.C.: E al periodo della tua formazione corrisponde anche lo studio a La Sapienza con Giulio Carlo Argan.

A.N.: Sì.

F.C.: Ti laureerai con una tesi su Marcel Duchamp.

A.N.: Sì e ho anche deciso di tradurre in italiano la "Boîte Verte" di Sanouillet, cosa che tra l'altro era, secondo me, assolutamente inutile perché chi leggeva quello, lo leggeva anche in francese. Non c'era bisogno. Ma comunque mi sono divertita a tradurlo, perché ho avuto l'opzione da Marcel Duchamp, il quale è venuto anche a Roma. Io l'ho visto e abbiamo parlato. Prima quindi che lo facesse Schwarz, il quale tra l'altro ha tradotto delle cose in una maniera diversa da come l'avevo fatta io. L'ha fatta in una maniera che era più, con un'idea "alchemica". Non che io ne sappia molto, ma insomma. Con rimandi...

C.Z.: Duchamp e Argan sembrano due mondi molto diversi. Fu lei a proporre ad Argan una tesi su Duchamp, o fu Argan a proporre a lei una tesi su Duchamp?

A.N.: Fu Argan. Giulio Carlo parlava con me molto spesso. A casa sua c'avevano sempre dei quadri di Capogrossi, che a me neanche mi piacciono tanto. Però, parlando con me, evidentemente gli è venuto in mente che sarebbe stato più interessante trattare di Marcel Duchamp e di tutto quello che in Duchamp ha a che fare con la metafora, perché si può pensare che tutti i suoi lavori, o anche le sue parole, siano delle metafore.

F.C.: E quando incontrasti Marcel Duchamp qui a Roma, che cosa ti disse? Ti disse una frase...

A.N.: Io ero molto delusa, il mio problema era: "Come faccio a guadagnare?" E invece Marcel Duchamp mi ha risposto: "Il faut que tu te transforme en argent". È una parola!

C.Z.: Lui era alchemico però.

A.N.: Poi, anni dopo, in America, quando ero molto più vecchia ed ero molto arrabbiata con me, col mondo, ero con una tizia che faceva "inspiration". Lei mi ha detto: "Ma è possibile che non ti piace neanche Duchamp?". "Non mi piace neanche Duchamp! Nulla, nulla, tutto negativo". Lei c'era rimasta male... Comunque, tornando a casa, ho trovato il libro di Calvesi sul simbolo. Allora lì mi è venuto in mente che se pensavo all'alchimia "Il faut que tu te transforme en argent" non riguardava i soldi, ma un altro tipo di trasformazione, perché tutte le parole di Marcel Duchamp vanno bene come metafora di qualsiasi persona che guarda il suo lavoro.