Intervista a Massimo Piersanti



Il rapporto con i colleghi fotografi


Piersanti racconta i suoi legami con i colleghi fotografi - Elisabetta Catalano, Mario Dondero, Claudio Abate - e con gli artisti attivi a Roma

persone citate: Mauri, Fabio [Artista] ; Catalano, Elisabetta [fotografa] ; Colombo, Cesare [Fotografo] ; Mussat Sartor, Paolo [Fotografo] ; Licitra; Ponti; Anselmo, Giovanni [Artista] ; Pieroni, Mario [Gallerista] ; Boetti, Alighiero [Gallerista] ; Zaugg, Klaus [Fotografo] ; Dondero, Mario [Fotografo] ; Abate, Claudio [Fotografo] ; Pagani, Malcom [Giornalista] ; Alberti, Barbara [Scrittrice] ; Zevi, Bruno [Architetto] ; Finelli, Luciana

enti e istituzioni:
Museo delle Cere [Museo] ; Studio Fabio Mauri [Associazione] ; Hauser & Wirth; Biennale di Parigi; Palazzo Taverna; Galleria Cannaviello (Roma)

trascrizione:
R.P.: E con Mauri?

M.P.: Sai Mauri era talmente legato a Elisabetta per cui, certamente, era difficile entrare nel suo mondo.
Io sono entrato lì solamente quando lui fece questa mostra in tre luoghi nella stessa sera: lo studio di Elisabetta, il Museo delle cere e la galleria di Cannaviello che era a Piazza dei Massimi, dove fecero la proiezione sulla camicia bianca di ….e le fotografie di -.... infatti sono mie.

R.P.: Ultimamente la Fondazione Mauri l'ha ripresa.
Avevano fatto anche una mostra, non so se Hauser & Wirth avevano provato a ricostruire questa mostra.

M.P.: Me l'hanno detto, io però non l'ho mai visto, non ti so dire niente.

R.P.: Fu una mostra seguita all'epoca?

M.P.: Ti devo dire alla cosa di …... un po' di gente, ma non c'era grande folla. Andarono di più al Museo delle Cere e probabilmente poi alla fine, per rapporti di amicizia, molti andarono allo studio di Elisabetta che era a Piazza Santi Apostoli. Mauri era una persona correttissima, carinissima, un signore, col quale ci siamo incontrati spesso però lui era un po' legato a questa storia, era giusto così.
Ognuno di noi ha avuto una differente identità, come a Milano c'è l'ha avuto Colombo, Licitra Ponti.

R.P.: E con questi fotografi, come Colombo, Paolo Mussat Sartor?

M.P.: A Mussat Sartor, lui era presente come giovane alla Biennale di Parigi. Gli ho rifotografato la sua mostra, poi l'ha ripresentata a Palazzo Taverna e lì gliel'ho rifotografata. Ho conosciuto poi il figlio che lavora per l'archivio di Giovanni Anselmo. Altro personaggio stupendo Giovanni, che ho conosciuto e ho fatto la sua mostra a Santiago de Compostela. Anselmo è veramente una persona stupenda. Un artista straordinario, di una semplicità incredibile di un'umanità, ogni tanto quando vado a Torino lo chiamo e lo vado a trovare, ancora oggi. Con Colombo ci siamo sempre un po' sfiorarti poi ci siamo rivisti ultimamente a una cosa di Pieroni e ci siamo promessi che io sarei andato a vedere il suo studio perché tutti mi dicono che è uno studio super organizzato e voglio andare a vedere com'è organizzato.

R.P.: Io ho conosciuto sua moglie da poco, …... , perchè l'avevo esposta in questa mostra a Milano.
È venuto con la moglie, erano insieme da molto ma si sposati a poco. Un personaggio, un signore anche lui.
Anche lui ha fotografato tantissimo.

M.P.: Sì tantissimo. Lui poi credo avesse addirittura centinaia e centinaia di immagini di Boetti. È uno estremamente preciso e ordinato.
Io viaggiavo tanto per il fatto della pubblicità e mi dava da vivere, poi ho avuto molti figli, molte storie e li ho potuti far studiare e vivere anche grazie alla pubblicità per
cui non potevo trascurarla.

R.P.: E con fotografi al di fuori del mondo della documentazione d'arte, meno vicini diciamo all'ambiente artistico?

M.P.: Beh con quelli della pubblicità sì, molto. Un carissimo mio amico era Klaus Zaugg, che era uno svizzero installato a Milano da tanti anni, bravissimo, che poi è morto in una maniera tragica, credo in Brasile su una spiaggia. Lui aveva una sua compagna brasiliana, erano andati giù per Natale e mi ricordo che mi disse "Massimo ho lavorato troppo quest'anno, smetto di lavorare se no pago solo solo tasse e vado qualche mese in Brasile". Sulla spiaggia cercarono di rubargli la macchina fotografica, lui reagì e gli spararono sulla gamba, la cosa non sembrò gravissima poi durante la notte ebbe un'embolia e morì così, ed era giovane, non aveva neanche 50 anni.

R.P.: Invece altri fotografi, tipo Dondero?

M.P.: Quando è morto Claudio Abate c'è stato un articolo di Malcom Pagani, che è il figlio della Alberti, e lui ha citato Dondero, Massimo Piersanti, Claudio Abate, Elisabetta e ho conservato l'articolo, perchè è molto divertente, "Gli zingari felici" dove parlava di noi come di artisti che non ci eravamo montarti la testa. È stato molto carino quell'articolo.
Sono stato anche amico di fotografi di architettura perchè ho lavorato molto con architetti, innanzitutto con Zevi. Lui aveva messo su una redazione importante, con tutta gente che era più o meno della Sapienza, come la Finelli, e con loro ho fatto questo libro "Comunicare l'architettura", il primo volume. Un anno di lavoro full time,
senza avere un attimo di respiro, da Venezia a Firenze, a Torino, dappertutto, ed erano servizi dove andavo e fotografavo quello che i redattori avrebbero scritto, su cui avrebbero messo l'attenzione, per cui partivo con dettagli molto precisi e le foto che ho fatto sono molto tecniche.

R.P.: Però ti è servito nella fotografia d'arte.

M.P.: Mi è servito tantissimo perché in realtà mi ha insegnato a trattare lo spazio e quando mi sono trovato per esempio a Santiago de Compostela -un museo con uno spazio complesso, uno di quei musei fatti degli architetti che prima fanno l'opera per loro, e poi fanno lo spazio per gli artisti- io mi ricordo che perfino la televisione di La Coruña, che è la città più importante della Galizia, mandavano a vedere come fotografavo perché a volte erano dei tali miscugli di luce, dove lo spazio diventava molto difficile da fotografare. Gli ho fatto vedere che di notte io dipingevo gli spazi con una sola torcia di luce, arrivando a pose a volte lunghissime senza portarmi i camion di luce, come a volte molti avrebbero fatto, come la televisione avrebbe voluto, o come trattare le luci quando mi trovavo i neon, le luci rosse, le luci blu del cielo, quindi come schermavo le luci per raggiungere una sola luce, se possibile. Questa è stata un'esperienza importante ma anche la pubblicità mi ha aiutato in questo, io ho fatto più di 100 campagne di pubblicità e non me n'è stata mai rifiutata una. Alla fine tornavo sempre con le foto più o meno giuste. Magari non sempre l'ottimale perché una volta era quasi impossibile...