Intervista a Ruggero Savinio



Roma - Parigi 1956/1968


Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta Ruggero Savinio vive tra Roma e Parigi testimone di un contesto artistico diverso da quello che stava nascendo negli stessi anni negli Stati Uniti d'America. A Parigi si possono ancora incontrare i "mostri sacri" o surrealisti della prima ora.

soggetti:
movimento del Sessantotto; maggio francese

persone citate: Breton, André [scrittore] ; Tzara, Tristan [artista] ; Aragon, Louis [scrittore, poeta] ; Majakóvskij, Vladímir Vladímirovič [poeta] ; Cohn-Bendit , Daniel [scrittore, politico] ; Picasso, Pablo [artista]

enti e istituzioni:
La Sorbonne (Parigi); Università della California (Berkeley)

trascrizione:
G.T.: Ti sei trasferito ad un certo punto a Parigi?

R.S.: No ci ho vissuto a lungo però alternando e tornando sempre a Roma.

G.T.: Quindi durante gli anni ‘60 principalmente?

R.S.: Sì negli anni ‘60 sono andato nella prima volta nel ‘57 per alcuni mesi. Poi nel ‘59 e sono stato fino al ‘61 e poi tra il ‘65 e il '68.

G.T.: Qual'era la differenza che vedevi tra Parigi e Roma? Se c'erano delle differenze.

R.S.: Le differenze c'erano. Innanzitutto Parigi era una città in quegli anni che conservava ancora l'aspetto fisico della Parigi ottocentesca la Parigi di Baudelaire insomma. E poi c'erano ancora alcuni mostri sacri per la strada vedevi André Breton, Tristan Tzara….

G.T.: Hai conosciuto alcuni di loro?

R.S.: Dunque su Breton c'è un episodio o meglio "quegli atti mancati". Io dopo molti anni, visto che sono timido, gli ho telefonato, ma qualcuno mi ha risposto che era in campagna e così non ho più osato telefonare. Poi mi ricordo la sua morte e di aver ascoltato il suo funerale per radio, ero in Italia, al Poveromo nel '67, poco prima del '68, che l'avrebbe reso felice sicuramente. Invece del gruppo storico dei surrealisti ho conosciuto, ma molti anni dopo, Louis Aragon. Sono andata a trovarlo a casa sua.

G.T.: E com'era lui?

R.S.: Molto brillante, molto pieno di sé, mi fece vedere la sua casa tappezzata di cose e fotografie, disegni incredibili: c'era di tutto da Picasso ad altri artisti famosi. Un'altra foto di Majakovskij che lui chiamava a mon frère, era simpatico.

G.T.: Invece del Sessantotto quali sono i tuoi ricordi?

R.S.: Nell'aprile del ‘68 ero a Parigi, avevo questa casa studio dove vivevo e trovavo noiosa la città, trovavo noiosa Parigi e sentivo parlare di quello che succedeva invece tra Berlino, Barkley, Milano, e allora sono andato a Milano e dopo qualche giorno è scoppiato il Sessantotto. E allora con un paio di amici siamo tornati a Parigi e ho visto parte del Maggio, ma non i primi scontri, però ho sentito parlare Cohn-Bendit alla Sorbona e altri. Poi quando è arrivata la grande manifestazione gollista agli Champs-Elysées ho capito che era finito tutto e infatti era tutto finito.

G.T.: Secondo te quali cambiamenti evidenti ci sono stati dopo il '68 e per l'arte qualcosa è cambiato?

R.S.: Per l'arte può darsi che sia cambiato qualcosa. Sì dunque mi ricordo Parigi negli anni seguenti il ‘68 era una città veramente cupa, presidiata dalla polizia, era una città poco invitante e nell'arte forse sì, il ‘68 ha dato dei semi che poi magari si sono sviluppati nel tempo. Comunque vi ricordo che prima del 68 c'erano già aperture a certe espressioni d'arte come gli happening. Ad esempio uno come Jan Jacques Lebel era molto attivo.