Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



Presentazione


Tomaso Binga ricorda i suoi primi passi nel mondo dell'arte e spiega la scelta di adottare uno pseudonimo maschile: in occasione della sua prima mostra personale, tenutasi nel dicembre 1971 nella galleria Lo Studio Oggetto di Caserta, l'artista sceglie infatti di abbandonare il nome di battesimo, Bianca Pucciarelli, per dare vita a un'identità fittizia attraverso la quale agire unicamente nel contesto dell'arte. L'artista prende il nome di Tomaso Binga, scelto non soltanto in omaggio al padre del Futurismo, Tommaso Filippo Marinetti, ma anche in ricordo di un suo zio. In occasione della mostra a Caserta, Binga presenta la serie dei Polistirolo, piccole scatole da imballaggio di polistirolo bianco trasformate in teatrini entro cui l'artista incolla immagini trouveés tratte dal mondo della pubblicità e dei mass-media. L'artista ricorda inoltre la nascita, nel 1974, del Lavatoio Contumaciale, centro culturale diretto da lei e dal marito Filiberto Menna, ubicato in una palazzina anni Venti in Piazza Perin del Vaga a Roma e tutt'ora attivo.

soggetti:
scultura; arte anni Settanta

persone citate: Menna, Filiberto [storico dell'arte]

opere:
Polistirolo, Tomaso Binga

enti e istituzioni:
Lavatoio Contumaciale (Roma) [centro culturale]

trascrizione:
T. B.: Allora come vogliamo cominciare, con questa performance? Questa è proprio una delle primissime che ho fatto.

R. P.: Sì, allora iniziamo con questa... Iniziamo con questa... No, forse la prima cosa che ti chiederei è di spiegare il cambio di nome, questa secondo me è una cosa interessante, perché all'inizio degli anni Settanta da Bianca Pucciarelli prendi questo pseudonimo Tomaso Binga e tu mi dicevi che ha una relazione anche con Tommaso Marinetti, ma non solo, c'erano anche delle motivazioni più biografiche legate alla tua famiglia, se non sbaglio.

T. B.: Sì, c'era anche uno zio che era una specie di mito per me. Oltre ad essere un generale, era di una bontà e di una disponibilità e di una competenza su ogni argomento.

R. P.: Come si chiamava?

T. B.: Tommaso, e la moglie lo chiamava Tomaso perché era perugina e quindi non pronunziava la doppia quindi mi era rimasto un pochettino nella mente questa idea.

R. P.: Quando ti sei trasferita da Salerno a Roma?

T. B.: Prima di sposarmi ho abitato a Roma insieme con una mia zia, qui alla ricerca di un lavoro come tutti i giovani dell'epoca e ho cominciato a fare qualche piccola supplenza nelle scuole, eh... ma trasferita realmente dopo che mi sono sposata con Filiberto, in questa casa, che era in costruzione all'epoca.

R.P.: Che anni erano?

T. B.: Io mi sono sposata nel '59 e questa casa era già in costruzione e nel '61 siamo venuti ad abitare qui e qui siamo rimasti... anche se l'abbiamo un po' ristrutturata perché certo non era come la si vede oggi. Molto ristrutturata per la verità. E quindi avevamo iniziato proprio aprendo la nostra casa agli amici, che diventavano sempre più numerosi, perché questi potevano ogni volta che venivano proporre o una poesia o far vedere un quadro o parlare di un argomento del momento, su una tematica, su qualche film visto, insomma chiamiamolo un po' uno pseudo salotto letterario, giocoso, e casereccio e mangereccio anche, perché ognuno portava qualcosa da mangiare, da me chiamata la cena dei residui, che poi residui non erano perché ognuno preparava qualcosa. Però l'origine era questa: ciò che vi resta a casa la portate da me e la sera mangiamo insieme. Ed è nata proprio così insomma, questo pubblico si è allargato a un certo punto... tutti volevano partecipare a queste serate che poi erano anche molto divertenti, molto sul gioco, molto ironiche e allora abbiamo pensato così di cercare uno spazio dove potessimo accogliere più persone e abbiamo poi alla fine fondato questa associazione, la prima associazione.... perché poi nella mia vita... ho partecipato a varissime altre associazioni.

R. P.: Tu dici il Lavatoio Contumaciale?

T. B.: Era il Lavatoio Contumaciale. Il Lavatoio contumaciale era in un posto meraviglioso perché è ubicato in una piazzetta deliziosa che è Piazza Perin del Vaga, che ha due... e anche la struttura è molto interessante perché è una struttura delle case popolari del 1926, quindi fatte non come si creano adesso le strutture per le case popolari.

R. P.: Però all'epoca tu già avevi iniziato a lavorare come artista...

T. B.: Sì, da pochi anni, devo dire. Perché il Lavatoio lo abbiamo inaugurato nel '74. E io come artista ho iniziato alla fine degli anni Settanta. Nel '71, anzi.

R. P.: Alla fine degli anni Sessanta...

T. B.: No, no, proprio nel '71 ho iniziato... Volevo dire alla fine del '71.

R. P.: Ah, alla fine del '71. Con la mostra sui Polistirolo?

T. B.: Con una prima mostra sui Polistirolo, perché ci fu uno pseudo gallerista nascente, un giovane gallerista di Caserta che aveva visto questi lavori che avevo regalato ad amici e parenti e mi ha detto: "Bianca nessuno ha mai fatto queste cose, perché non fai una mostra?" Era lontano veramente da me questo, questa tematica... questa operazione diciamo di fare una mostra perché le facevo per divertimento, come dono prevalentemente natalizio. Questo ha insistito talmente, io avevo sempre qualche dubbio perché non sapevo quanto fosse vero questo suo interesse per il polistirolo mio e quanto invece l'interesse che aveva per Filiberto che è era un critico, quindi ho sempre avuto qualche dubbio sull'argomento quando mi si invitava, mi sembrava una cosa quasi impossibile. Insomma alla fine così per gioco abbiamo cominciato, abbiamo fatto la prima mostra a Caserta. Ho invitato amici e parenti di Roma che sono tutti venuti con me a questa prima mostra perché era un gioco diciamo e siamo partiti con varie macchine in una giornata di tregenda perché pioveva a dirotto e faceva freddo anche, e abbiamo inaugurato questa mostra.

R. P.: E poi non hai più smesso...

T. B: Non ho più smesso, per la semplice ragione che quando uno prende un impegno con gli altri, per lo meno è così per me, non so se per te... è un impegno che tu non prendi con te stessa, ma lo prendi con gli altri e non puoi smettere, deluderesti un pubblico che ti ha apprezzato o che ti segue. Sul serio per me è così. Smettere adesso, non voglio più fare l'artista, mettermi a fare un'altra cosa mi sembrerebbe tradire, proprio un tradimento. Sarebbe un tradimento non sulla mia persona ma un tradimento rispetto al pubblico che mi ha seguito e che mi ha apprezzato fin dall'inizio.