Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



Storia espositiva / Le mostre


Tomaso Binga ricorda le sue prime mostre, personali e collettive, descrivendo in modo puntuale le performance realizzate nei primi anni Settanta, in particolare: Vista Zero, tenutasi il 24 settembre del 1972 in occasione della mostra collettiva Circuito Chiuso/Aperto presso il Palazzo Comunale di Acireale; L'ordine alfabetico e Nomenclatura, il 22 novembre 1972 allo Studio Pierelli di Roma; Parole da Conservare / Parole da distruggere, in occasione dell'apertura del Lavatoio Contumaciale il 15 giugno del 1974, riproposta il 21 settembre dello stesso anno nell'esposizione di sole donne Coazione a mostrare, curata da Romana Loda al Palazzo Comunale di Erbusco.

soggetti:
performance; videotape; fotografia; mostre collettive; quote rosa; mostre di donne

persone citate: Loda, Romana [curatrice e gallerista] ; Argan, Giulio Carlo [storico dell'arte]

opere:
Vista Zero, Tomaso Binga
L'ordine alfabetico, Tomaso Binga
Nomenclatura, Toma Binga
Parole da Conservare / Parole da distruggere, Tomaso Binga

enti e istituzioni:
Lavatoio Contumaciale (Roma) [centro culturale]

trascrizione:
R. P.: Poi c'è questa mostra nel '72 molto importante. Era una collettiva che si chiamava Circuito Chiuso/Aperto?

T. B.: Quella è stata una mostra importantissima.

R. P.: Ad Acireale.

T. B.: Ad Acireale. È stata la prima mostra organizzata proprio da un ente comunale, laddove venivano registrate le performance all'interno di questo ambiente e riproposte per la prima volta in piazza su un visore. Chiaramente le immagini erano pessime, con strisce e cose varie, però era un'operazione, la prima operazione, chiamata Circuito Chiuso-Aperto.

R. P.: E tu che cosa avevi presentato?

T. B.: Io in quell'occasione presentai questa immagine, che tu vedi, questa performance che si chiamava Vista Zero: già da allora avevo capito che tutte queste nuove tecnologie che aprivano tanti spazi visuali diversi ne occultavano degli altri, occultavano forse anche un po' di creatività e il pensiero delle persone, non lo so, la comunicazione, più come adesso. Vabbè non parliamo di questo...

R. P.: Questa immagine?

T. B.: Allora io avevo ritagliato tanti occhi da riviste eccetera e le attaccavo sul mio volto con un po' di colla, non velenosa.

R. P.: Ed eri tutta bendata?

T. B.: E poi intorno mi ero messa una specie di telo bianco che faceva da vestito e invece sul volto e sul capo una benda, proprio perché la visione un po' alla volta veniva offuscata e quindi ho messo più occhi sul mio volto. Alla fine ho messo tre strati di occhi e ho concluso invece chiudendo poi i miei occhi, e mettendo due grandissimi occhi sulla fronte.

R. P.: E tu questi cambiamenti di occhi li facevi di fronte alla telecamera?

T. B.: Sì, sì. Li prendevo, come stai vedendo adesso, e li appiccicavo sul mio volto. Quindi ho messo quattro occhi da tutte e due le parti del volto e alla fine ho messo gli occhi sulla testa e poi alla fine ho coperto completamente il volto con la garza e ho perso qualsiasi contatto con l'esterno e con la visione e la visibilità.

R. P.: Qui ci sei tu che ti stai coprendo il volto di fronte alla telecamera.

T. B.: Queste sono le quattro fasi, con queste quattro fasi iniziali poi ho fatto un paio di opere. È molto interessante, prima ho messo in testa tutta la garza, eccetera, poi ho cominciato con il primo occhio, poi con i secondi, i terzi e i quarti. Alla fine poi mi alzo e mi metto questi due grandi occhi sulla testa, chiudendo i miei. Quindi lascio tutto alla tecnologia.

R. P.: E invece in cosa consiste Nomenclatura - L'ordine alfabetico?

T. B.: Nomenclatura è un'altra performance molto interessante che ho eseguito al Lavatoio Contumaciale in occasione dell'inaugurazione del centro.

R. P.: No, guarda, forse...

T. B.: No, questa l'ho fatta dopo, però non ho la foto del Lavatoio. Ho delle cose successive, quella del Lavatoio forse sta...

R. P.: Forse è dopo. Quella del Lavatoio forse è...

T. B.: Forse ce l'ho nell'altro... Ho appena una foto, perché all'epoca era difficile fotografare, nessuno aveva a portata di mano un fotografo, un fotografo professionista prendeva un sacco di soldi.

R. P.: Questa invece allo Studio Pierelli che cos'era?

T. B.: Era lo studio di questo artista Pierelli, dove io ho riproposto sia Vista Zero che altre due performance, l'Ordine alfabetico e Nomenclatura. Questa è Nomenclatura, molto interessante, io leggo alcune schede con i nomi e cognomi di persone, di bambini prevalentemente, perché erano schede della scuola. Poi rileggo queste sched facendo due mucchi, maschile e femminile. Ne faccio quindi due mucchietti, successivamente li unisco li confeziono con una carta da confezione, con perfezione, legandola con uno spago e poi in modo molto sacrale mi alzo e prendo il tutto e li getto nella spazzatura.

R. P.: E il pubblico era lì davanti?

T. B.: Il pubblico era davanti in quell'occasione, io ho ripetuto prima Vista Zero poi ho fatto l'Ordine alfabetico e poi ho concluso con Nomenclatura.

R. P.: E leggevi i nomi?

T. B: Sì, leggevo i nomi e i cognomi delle persone per cui mettevo in ordine le schede, le mettevo in ordine alfabetico, prima tutte in ordine alfabetico e poi ho fatto due mucchietti maschile e femminile e poi devo dire, come ho detto già, le ho riconfezionate, eccetera.

R. P.: Mentre questo?

T. B.: Questa è una visione ripresa attraverso uno specchio, era cosa speciale che vollero fare loro, non ricordo bene.

R. P.: Ah questa è Nomenclatura. Ci sei tu che stai...

T. B.: Ecco Nomenclatura, siamo io e un ragazzo. Questa è una performance, diciamo, che mi ha dato un po' di perplessità, non ho osato portarla a termine per come l'avevo ideata.

R. P.: Come mai?

T. B.: Ho avuto un po' paura perché volevo fare questa performance, che poi ho fatto con un ragazzo, però il ragazzo doveva essere completamente nudo. Quindi avevamo stabilito in questi termini, ma poi non me la sono sentita. Ho avuto un po' paura perché sai... mi sembrava un po' troppo forte e quindi ho detto "Vabbè guarda non posso farla più completamente".

R. P.: Ma che cosa doveva fare?

T. B.: Lui doveva stare lì e io dovevo segnare sul suo corpo i vari organi, i vari muscoli che poi riportavo su di una tabella che avevo appiccicato sul muro, ma ripeto non mi sono sentita di portare a termine l'idea e quindi ecco perché gli ho detto una bugia.

R. P.: Gli hai lasciato i jeans.

T. B.: Ecco dopo tanti anni lo possiamo dire. Ho detto al ragazzo: "no non posso perché si vede il segno del costume, hai i glutei che sono bianchissimi rispetto al torace e quindi non mi piace questa figura così". Ma non era vero, insomma era che non avevo il coraggio di farlo presentare completamente nudo. Però lui aveva invitato tutti gli amici e i parenti a questa famosa cosa che avrebbe dovuto fare, in ultimo rimasero tutti un po' delusi.

R. P.: E quindi...

T. B.: E allora io sì segnavo sul suo corpo i muscoli, bicipite eccetera, e li disegnavo su un cartellone che posseggo ancora.

R. P.: Ah, lo hai ancora?

T. B.: Sì, sì, è in archivio questo cartellone e alla fine ha un muscolo e anche il cuore... la performance finiva con il cuore che io disegnavo su questo cartellone, è finita così insomma. Io segnavo i muscoli sul suo corpo, segnavo ad esempio "cucullare", e poi scrivevo cucculare sul cartellone.

R. P.: In corrispondenza?

T. B.: Poi alla fine cuore, perché la vita è fatta prevalentemente di cuore.

R. P.: Qui c'è Parole da conservare / Parole da distruggere nella mostra Coazione a mostrare a cura di Romana Loda.

T. B.: Questa qui l'ho fatta in seconda battuta lì, in questo paese che si chiamava Erbusco, dove c'era Romana Loda che in quel periodo stava organizzando mostre di donne, è stata una delle più coraggiose a prendere in mano la situazione femminile artistica e femminile e in quell'occasione io ho ripetuto questa performance che avevo già fatto a Roma per la inaugurazione del Lavatoio Parole da conservare / Parole da distruggere. Lì l'abbiamo un po' improvvisata perché, vedi, ci sono due persone che mantengono con le mani questo bastone che avrebbe dovuto essere fissato, ma poiché l'azione era stata improvvisata due persone reggevano questo bastone con la carta, con questo rotolo che io srotolavo. Ho cominciato a scrivere le prime parole "guerra - pace", "amore - odio", "bontà - cattiveria" e così via. Ho cominciato io, poi ho dato i pennarelli ai presenti e ognuno poteva scrivere quello che voleva, le parole che voleva conservare e quelle che voleva distruggere e sono venute fuori cose anche molto gravi. Devo dire che alcuni ragazzi volevano forse distruggere il padre o la madre o altre cose, insomma parole inaspettate.

R. P.: Tu hai conservato anche questi?

T. B.: No, questi non li ho conservati. Io srotolavo la carta e i ragazzi a terra scrivevano, la carta formava delle volute, anche interessanti, alcune erano proprio belle. Alla fine ho strappato tutte le parole da conservare e le ho regalate ai presenti, le parole da distruggere invece sono state messe in un braciere e ne abbiamo fatto un falò, quindi non ho conservato nulla.

R. P.: Però vedo che avevi già iniziato a usare la tua scrittura desemantizzata.

T. B.: Sì, sì, sì è vero, perché io ho cominciato con delle parole scritte e comprensibili poi invece un po' alla volta le mie parole si sono rarefatte e quindi hanno perso la connotazione visiva ed è rimasta soltanto la sostanza, il suono e l'empatia. Vedi anche questa è bella.

R. P.: Sì, bella.

T. B.: Forse la dovrebbe riprendere da questa parte? (Rivolta all'operatore)

R. P.: Sì, lo sta facendo. Poi penso che possa fare anche delle foto.
Qui si vedono varie persone che scrivono.

T. B.: Sì, perché poi tutti erano interessati a dare il loro pensiero e a scrivere, vedi quante persone. Questa fu una performance molto molto...

R. P.: Poi in questa mostra eravate tutte donne, ma c'era anche un omaggio a Lucio Fontana.

T. B.: Sì, è vero.

R. P.: Che però era morto.

T. B.: Mi è sembrato giusto, pure doveroso, anche bello.
Perché poi allora come oggi c'è una piccola percentuale di donne nelle mostre collettive, il 50% non si è raggiunto. Io per la verità sono per le quote rosa anche per l'arte.

R. P.: Sì, eh?

T. B.: Sì, bisogna mettere dei tasselli precisi.

R. P.: Forse imporle no, ma...

T. B.: Io le imporrei, in una collettiva devono esserci al 50%. Forse ci sono ancora oggi più uomini che donne che lavorano.

R. P.: Sì, sì, certo... Hanno fatto delle statistiche, siamo andati al Macro a presentare un libro, dove ci sono tanti dati, siamo intorno al 25%.

T. B.: Di donne artiste?

R. P.: Sì, ma anche in vari campi, si trattava di una ricerca più generale, nelle gallerie, nelle accademie. Poi mano mano che si sale di grado in una scala di potere la presenza delle donne diminuisce ancora...

T. B.: Però nel campo dell'arte, come critiche ce ne sono tantissime, no?

R. P.: Mano mano che si sale diminuiscono, non siamo al 50%.

T. B.: Mi sembra che le donne avessero avuto una sorta di supremazia soprattutto dal punto di vista critico.

R. P.: No, tutto sommato no.

T. B.: Perché secondo le previsioni di Argan "il domani critico sarà solo delle donne" e forse aveva ragione. Perché ce ne sono tantissime, io ne conosco tante.

R. P.: Sì, ce ne sono sicuramente tante, però in effetti stando ai dati siamo ancora un po' lontano.

T.B.: Questa foto è bella, la vorrei fare riprendere. Questa è sempre Parole da distruggere / parole da conservare però fatta a Napoli. Questa pure è stata una performance bellissima, in piazza Plebiscito e non mi ricordo dove.

R. P.: Qui dice Galleria Vanvitelli a Napoli.

T. B.: No, quella è un'altra cosa. Sì, a cura della Galleria Vanvitelli, però l'abbiamo fatto per Campania proposta uno ed era fatta all'aperto.
Questa pure è bella... Ragazzi che guardavano quello che facevo, sbirciavano, perché poi le prime parole, ripeto, avevano la loro connotazione verbale ma successivamente perdevano di significato, quindi loro erano anche un po' stupiti.
Questa anche è stata una bella operazione, tutta fotografata, una delle primissime, insieme alle precedenti chiaramente. Pure qua ci sono delle immagini che poi ho ripreso per fare dei manifesti, delle cose, vedi questa pure è bella, guarda...

R. P.: Sì, con loro che scrivono... E questa invece alla Seconda scala era una mostra itinerante Roma, Milano, Genova, sulla scrittura?

T. B.: Questa è stata la prima mostra sulla scrittura, una mostra organizzata da Filiberto, Pignotti, adesso non so quante altre persone, va bene questa dovremmo documentarla bene. Di questa mostra ho solo questa immagine, per la prima volta ho portato un rotolo di carta da parati con una scrittura desemantizzata. Questo è il rotolo che ho esposto e poi da questo rotolo mi è venuta l'idea di fare questa installazione, questo ambiente con la carta da parati che ho successivamente realizzato in una casa romana tappezzando diverse stanze.

R. P.: Qua, per esempio, avevi comunque tappezzato una parte a Linguaggio Immagine alla Galleria del Canale a Venezia.

T. B.: No, questa è dopo la mostra che ho fatto a Roma.

R. P.: È dopo?

T.B.: Sì, è successiva ed era semplicemente una piccola paretina di legno sulla quale avevo incollato la carta da parati, però è successiva.