Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



Mostra e performance "Carta da parato"


L'artista racconta la genesi e la struttura dell'installazione-performance Carta da parato, eseguita con alcune varianti in più occasioni: una prima volta, il 17 maggio 1976, dalle ore 19 alle 24, presso un'abitazione privata, Casa Malangone in via dei Monti Parioli 51 a Roma; la seconda in occasione della I Biennale d'Arte Contemporanea di Riolo Terme intitolata Distratti dall'ambiente. Nell'installazione realizzata a Roma i muri dell'appartamento sono interamente ricoperti di carta da parati, sulla quale l'artista in precedenza aveva tracciato segni indecifrabili, definiti "scrittura desemantizzata". Con indosso un abito fatto della stessa carta da parati, Binga si appoggia alle pareti di una stanza, confondendosi con l'ambiente domestico. In Carta da parato i limiti tra il corpo dell'artista e lo spazio si fanno incerti, Binga sembra infatti sul punto di essere risucchiata dall'abitazione. In Carta da parato Binga dà corpo all'espressione gergale "fare carta da parati", riferita al fatto che le donne considerate poco avvenenti non fossero invitate a ballare, restando immobili, incollate alle pareti come per l'appunto una carta da parati.

soggetti:
installazione

persone citate: Menna, Filiberto [storico dell'arte]

opere:
Carta da parato, Tomaso Binga

trascrizione:
R. P.: E invece, appunto, quella della Carta da parati è sempre del '76?

T. B.: Quella dell'ambiente è del '76 poi successivamente ho realizzato altri ambienti, prima a Riolo Terme, occasione molto importante, dove è stato realizzato un bel servizio fotografico con varie immagini. In quell'occasione mi ero confezionata anche un abito con la carta da parati.

R. P.: La prima volta, mi dicevi, l'azione si era tenuta a Roma in una casa privata.

T. B.: Nella casa privata ho fatto la mostra tappezzando tutta la casa tranne una camera, la camera da letto. Ogni stanza con una tappezzeria diversa, quindi ero intervenuta sull'ingresso, il soggiorno, che di solito è una doppia stanza, il corridoio e un'altra stanza da letto. Ho tralasciato solo la camera da letto, perché c'erano troppe cose, armadio eccetera, troppe cose che non si potevano togliere, mentre negli altri posti avevo eliminato qualche mobile e ho lasciato qualche pezzo, oltre a tappezzare manualmente, a incollare con varie vicissitudini, anche terrificanti a volte. Perché mi ero documentata laddove avevo comprato la carta, mi sono fatta spiegare come attaccarla, mi hanno dato una spiegazione. Io andavo lì di solito il sabato e la domenica perché gli altri momenti lavoravo, quindi non potevo andare negli altri giorni ad attaccare la carta. La prima volta che l'ho attaccata, ritorno nel pomeriggio per vedere che cosa era successo e vedo che la carta era piena di bolle, di strisce, insomma un disastro, ero terrorizzata, tutto il mio lavoro in fumo. Allora vado dalla persona dove avevo comprato la carta e lui mi dice "no, non si preoccupi perché vedrà domani mattina quando sarà asciutta troverà tutto a posto, se casomai dovesse vedere qualche bollicina la punga con un ago" e infatti il giorno dopo tornai e fui felice di non dover ripetere daccapo l'attaccaggio.

R. P.: Però in quella occasione non hai fatto la performance...

T. B.: No, solo l'ambiente. Invece a Riolo Terme ho fatto il vestito, la performance, che poi ho riproposto in altre occasioni al Museo di Arte Moderna, però ho sempre perduto questi vestiti, anche la carta da parati, perché era attaccata a un paio di pareti.

R. P.: E tu recitavi la tua poesia Io sono una carta?

T. B.: Sì, Io sono una carta.

R. P.: Ma a ripetizione, per tanto tempo?

T. B.: Sì, l'ho recitata a varie riprese, pure di queste cose non ho una foto, probabilmente nel museo ci sarà, non so che dire.