Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



Il corpo


Tomaso Binga spiega l'origine della serie Scrittura vivente e il suo rapporto con Verita Monselles, fotografa di origine argentina, attiva negli anni Settanta a Firenze. Racconta inoltre come il suo cambio di nome, all'epoca, avesse suscitato reazioni contrastanti da parte di un gruppo femminista di Verona.

soggetti:
corpo; fotografia; femminismo

persone citate: La Rocca, Ketty [artista] ; Monselles, Verita [fotografa]

opere:
Ecce Homo, Verita Monselles
Litanie Lauretane, Tomaso Binga
Alfabetiere murale, Tomaso Binga

trascrizione:
R. P.: Mentre questa era la mostra alla Galleria Centro Sei a Bari, Noi donne, insieme a Verita Monselles?

T. B.: Ho conosciuto Verita quando ho cominciato a fare queste cose con Romana Loda e siccome io avevo in mente questo Alfabeto del corpo, quando ho incontrato Verita lei stava lavorando proprio sul corpo, che era la mia stessa tematica, e quindi ho pensato che era la persona adatta a realizzare il mio sogno, e così; mi sono recata spesso da lei a Firenze, perché; viveva a Firenze, aveva uno studio a Firenze, per realizzare le lettere dell'alfabeto. Non è stato facile perché; inizialmente abbiamo dovuto trovare le posizioni, come, in che modo farle, per alcune poi sono dovuta tornare tante di quelle volte perché; erano proprio difficilissime, per esempio due lettere non mi sono riuscite e poi abbiamo dovuto trovare degli escamotage, degli espedienti strategici.

R. P.: Quali?

T. B.: La lettera Effe e la lettera Esse.

R. P.: La Effe e la Esse effettivamente sono difficili da fare.

T. B.: La Effe alla fine sai come l'ho realizzata? Distendendomi a terra perché non riuscivo a rimanere in piedi su una sola gamba per un po' di tempo mentre questa mi riprendeva, proprio non ci riuscivo, mentre per altre lettere avevo trovato altre soluzioni, poi ho fatto anche le straniere, cioè le lettere che fuoriuscivano dal nostro alfabeto italiano, perché quelle lettere erano sempre appoggiate su due piedi quindi uno dei due io lo appoggiavo su una pila di libri, e quindi mi reggevo. Per la Effe non potevo appoggiarmi da nessuna parte.

R. P.: E qui invece Hecce Homo e Litanie lauretane, sempre a Bari. Erano queste due... e qui avevi presentato Mater.

T. B.: Eh questa è bella, fatta allo Studio. Ci sta pure Marino che ho incontrato dopo cinquant'anni quest'anno con cui fatto una mostra a Martina Franca. Questo era bello per esempio.

R. P.: Era su una superficie d'argento?

T. B.: Era su una superficie d'argento. Io ho sbagliato perché allora mi chiesero se la volevo d'argento o di acciaio e io per fare... una cosa chic ho detto facciamola d'argento.. e invece poi l'argento si è scurito e non lo potevo pulire perché c'erano incollate sopra le lettere di cartone.

R. P.: E invece in questa mostra a Matera intitolata Arte e ambiente avevi esposto la Carta da parati?

T. B.: Sì, avevo riproposto queste... Forse non sono neanche andata, avevo mandato le immagini.

R. P.: Penne alla Binga e Sangria alla Monselles?

T. B.: Questa è interessante.

R. P.: Tu che cosa facevi?

T. B.: Noi avevamo fatto una mostra. Allora io nella mostra avevo... messo delle vere penne, perché noi dovevamo anche produrre una pietanza, confezionare una pietanza, era una mostra sul cibo, allora quindi io ho fatto le penne, c'è una pasta che si chiama penne.

R. P.: Sì, sì.

T. B.: Queste erano delle penne che io ho presentato in un vassoio, era una ricetta che mi ero inventata io e devo dire che era anche squisita, con una salsa a base anche di tonno, capperi... non mi ricordo.

R. P.: Ma chi l'aveva organizzata questa mostra sul cibo te lo ricordi?

T. B.: Era una cooperativa, Out off, che credo ci sia ancora.

R. P. Sì.

T. B.: Fino a qualche anno fa. Questo è il menù della serata e io ho presentato tre quadri che ho tutt'ora, questi tre quadri, e perché dovevamo anche cucinare lì per lì, sul posto... io ho fatto questa pietanza. Io ho fatto le penne alla Binga che erano a base di tonno, capperi e non so quante altre cose e la Verita invece ha fatto un... con la frutta e con un poco di rum... me lo ricordo fece questa Sangria alla Monselles. Ed è stato un periodo bellissimo perché abbiamo fatto insieme tante mostre con Verita Monselles e tante battaglie perché; poi ci riunivamo c'erano le femministe del posto, chi mi accettava e chi no.

R. P.: Perché alcune non ti accettavano?

T. B.: Alcune non avevano capito che non mi volevo nascondere sotto un nome maschile per fare carriera. No, il mio era proprio un impegno che serviva a proporre un volto diverso del nostro essere... Era una contestazione ironica e paradossale che io facevo del mondo maschile. Ci fu poi un gruppo che francamente non mi ricordo se fosse di Verona al quale invece piacque questo mio progetto, tanto che volevano anche loro fare un gruppo che portasse il nome di Tommaso, perché poi il riferimento era Tommaso Marinetti, come hai detto tu prima.Anche a loro interessava come artista, certamente, ma poi non ne fecero nulla perché; le persone che me lo avevano proposto erano entusiaste, ma le altre non furono d'accordo, quindi la maggioranza vinse e finì lì la situazione.

R. P.: E qui invece qui c'è un'immagine di Magma a Castelvecchio, la mostra era sempre curata da Romana Loda?

T. B.: A Magma io ho portato l'Alfabeto, l'Alfabetiere murale, l'ho portato a Magma per la prima volta.

R. P.: Qua dietro ci sono le opere di Ketty La Rocca?

T.B.: Sì.