Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



"Ti scrivo solo di domenica" e il successivo lavoro postale


Tomaso Binga racconta il significato dell'opera "Ti scrivo solo di domenica", composta da 54 lettere scritte a un'amica immaginaria, una per ogni domenica dell'anno. L'artista mette in relazione questo lavoro con le successive opere di arte postale e con il "Dattilocodice" realizzato nel 1978.

soggetti:
Mail Art; Arte postale

persone citate: Pignotti, Lamberto [artista] ; Fontana, Giovanni [artista] ; Amendola, Antonio [artista] ; Menna, Filiberto [storico dell'arte]

opere:
Ti scrivo solo di domenica, Tomaso Binga

trascrizione:
T. B.: E questo devo dire era un lavoro successivo alla carta da parati, sempre di quegli anni comunque, dove io inserisco anche delle foto, e illustro la performance Ti scrivo solo di domenica, perché per esempio "la sua presenza è l'assenza": allora ci sono due immagini, dove non si vede nessuna persona, e un'altra con una persona; oppure la "cultura è una sopraffazione", allora c'è una foto in cui qualcuno guarda in alto dei quadri che stanno sulla parete, quindi sono delle illustrazioni. Avevo fatto una decina di illustrazioni di questa performance Ti scrivo di solo di domenica.

R. P.: Perché Ti scrivo solo di domenica era invece una performance in cui tu leggevi cinquantadue lettere.

T. B.: Leggevo queste cinquantadue lettere scritte a un'amica, che poi siccome erano coeve all'installazione ambientale, ho estrapolato alcune di queste lettere e con delle foto ho dato il significato del verso. Non per tutte le lettere, chiaramente, per una decina forse.

R. P.: Tu scrivevi le lettere, ma non le hai mai spedite a un'amica?

T. B.: No, mi ero imposta che ogni domenica dovevo scrivere e ho fatto così ogni domenica. Ma nel mio percorso ci sono varie performance che hanno una durata lunga. Questa è stata la più lunga perché erano cinquatraquattro domeniche, quindi non era poco, poi invece successivamente negli anni '90 ho fatto questa altra esperienza con la macchina da scrivere e ho realizzato dodici lavori: ogni mese riflettevo su quello che era accaduto e componevo con la macchina da scrivere un'immagine, una scrittura, che spedivo a 280 persone in tutto il mondo perché le mettessero in mostra o le custodissero. Poi all'inizio e alla fine avevo dato una comunicazione, chiaramente, e alla fine poi ho comunicato alle 280 persone di esporre le dodici cartoline il mese successivo, a una certa ora e un certo giorno, e di invitare amici e parenti. Perché mi piaceva molto questa energia che doveva accomunare tutto il mondo, insomma, diciamo, tutte le persone che possedevano queste cartoline. Molti mi hanno scritto di averle mostrate, poi non lo so se è vero o non è vero. Da poco ho fatto questa mostra a Martina Franca perché Lidia Carrieri aveva ricevuto le mie cartoline, gliene mancava qualcuna, perché lo sai non è che tutte arrivavano, perché io le spedivo così, spesso si perdevano pure per strada. E allora aveva queste cartoline e mi ha voluto fare una mostra proprio sulla riflessione, perché si chiamavano Riflessioni a puntate; è stata una bella mostra che ho fatto l'anno scorso.

R. P.: Invece le lettere di Ti scrivo solo di domenica le hai anche pubblicate da qualche parte?

T. B.: Ti scrivo solo di domenica le ho pubblicate con mia sorella che ha una piccola casa editrice casereccia in trenta copie.

R. P.: Però esiste uno scritto in cui uno riesce a leggere una dopo l'altra tutte le lettere.

T. B.: Sì, sì, però avrei dovuto pubblicarle, devo dire. Ti scrivo solo di domenica l'ho recitata per la prima volta a Torino. Successivamente ho riproposto questa lettura così come l'avevo fatta a Torino, ho un video su questo, con una ripresa tale e quale a come l'avevo fatta inizialmente a Torino.

R. P.: Sì, l'avevo visto alla Sala Santa Rita, molto bello.

T. B.: Sì, alla Sala Santa Rita, poi anche allora nella ripresa avevo messo una registrazione delle Litanie lauretane registrate in una chiesa di Piazza del Popolo. Non le avevo registrate io, me le avevano registrate, erano bellissime. Io le inserivo alla fine, dopo aver letto le 52 lettere, ricominciavo da capo e dicevo "prima lettera", "seconda lettera" e così via. E sotto iniziava questa litania che poi diventava tutto un coro, molto interessante, ma comunque tu l'hai visto e sentito.

R. P.: Questo è sempre il tuo Alfabeto, quello che oggi sta al Madre?

T. B.: Sì, questo sta al Madre ed è stato presentato a Macerata all'epoca.

R. P.: E questa inaugurazione dell'Atelier nell'87?

T. B.: Questa qui è l'inaugurazione dello spazio di cui noi avevamo acquistato, a via Monti di Pietralata.

R. P.: Ah, quello dove sei ancora?

T. B.: Dove adesso c'è il mio archivio, però non era lo stesso, perché all'epoca io avevo scelto uno spazio al primo piano con tutta una vetrata enorme, e feci quella inaugurazione con una mostra, però è rimasta solo quella foto.

R. P.: Mentre qui? Mostra performance a Ravenna a cura del Mercatino del sale, era una mostra che riproponeva dei lavori storici?

T. B.: Sì, sì, questo è pure un lavoro che avevo fatto in quegli anni. Questa è... Riflessione a puntate, che avevo fatto precedentemente, sì ma era una piccola galleriola.

R. P.: E qui stavi recitando?

T. B.: Non te lo so dire, vediamo se c'è scritto da qualche parte, non lo so, forse all'inizio.

R. P.: E questa invece è quella che avete fatto al Museo Laboratorio.

T. B.: Sì, sì, questa è stata una bella mostra, devo dire molto bella, dove è stato pubblicato un bel catalogo e poi ho recitato anche tante poesie, insieme con il gruppo poetico col quale ho sempre lavorato che era formato da Giovanni Fontana, Antonio Amendola e Lamberto Pignotti.

R. P.: E qui vedo che c'erano tanti Dattilocodice, opere che avevi mandato alla Biennale di Venezia del '78. Che serie era?

T. B.: Questa qui è della serie del Dattilocodice, che è una scrittura fatta con la macchina da scrivere dove per sovrapposizione di battute si formavano delle immagini, come se fossero stati dei pittogrammi, poi io logicamente ho fatto tutta una ricerca completa, componendo ogni lettera, ogni singola lettera, maiuscola, minuscola nonché la punteggiatura, i simboli che si trovavano sulla tastiera della macchina da scrivere e ho scelto le più pregnanti, quelle che più si univano tra di loro formando proprio un'immagine diversa. Altre si capiva che erano due lettere perché c'era appena un po' di distacco, ma quelle che si univano e formavano un'altra immagine le ho scelte e ho fatto poi questi lavori che, devo dire, sono stati apprezzati moltissimo.

R. P.: A un certo punto hai fatto anche dei Dattilocodice a partire dai libri di Mao.

T. B.: Sì, sì, che adesso mostrerò in questa ultima mostra. Ma io il libro di Mao te l'ho mai fatto vedere?

R. P.: Sì, sì.

T. B.: Me lo ha portato Filiberto quando è andato in Cina, all'epoca, mi ha portato tanti oggettini dalla Cina, fra i quali anche questi. E poi tanti lavori che mi aveva portato lui, gli intagli sulle carte che facevano e io li ho utilizzati perché ho inserito queste immagini che potevano sembrare delle scritture cinesi insomma, le mimavano così alla lontana.