Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



La condizione della donna


Tomaso Binga spiega il significato dell'opera "Strigatoio", strumento per lavare abiti e biancheria usato tradizionalmente dalle donne, per poi affrontare un discorso più generale sulla condizione della donna nel mondo dell'arte e sul lavoro curatoriale svolto dall'artista e poetessa visiva Mirella Bentivoglio. Binga ricorda inoltre che il Lavatoio Contumaciale, inaugurato a Roma nel 1974, viene fondato da un gruppo di donne, benché sotto la supervisione di Filiberto Menna.

soggetti:
condizione della donna; femminismo; Poesia visiva

persone citate: Menna, Filiberto [storico dell'arte] ; Pucciarelli, Lidia [sorella dell'artista Tomaso Binga] ; Consiglio, Carla; La Rocca, Ketty [artista] ; Gazzarra, Iole; Bentivoglio, Mirella [artista] ; Franchi, Silvia [gallerista]

opere:
Strigatoio, Tomaso Binga

enti e istituzioni:
Lavatoio Contumaciale (Roma) [centro culturale] ; Cooperativa di via Beato Angelico (Roma) [centro culturale]

trascrizione:
R. P.: Questo è lo Strigatoio?

T. B.: Sì.

R. P.: Quando l'ho visto per la prima volta non sapevo che cosa fosse uno strigatoio, perché a casa mia non si usava.

T. B.: Nemmeno da noi si usava, nemmeno io l'ho mai usato, nemmeno in casa mia si è mai usato. Erano delle tavolette di legno con le quali le donne andavano non al mare ma al fiume a lavare i panni e quindi si riunivano. Era anche un momento di collaborazione dove stavamo insieme, parlavano e così via. Lavoravano sodo, perché lavare i panni non era una cosa da poco, dovevano mettersi in ginocchio per terra e lavare i panni, però c'era il risvolto che uscivano di casa, si incontravano, collaboravano tra di loro.

R. P.: Tu hai sempre lavorato molto sulla condizione femminile, sulle donne.

T. B.: Sì.

R. P.: Non hai militato attivamente.

T. B.: Non ho militato, però devo dire che l'associazione Lavatoio Contumaciale che portava un nome anche emblematico, interessante, è stata fondata solo da donne, quindi, è stata una delle primissime, credo, associazioni di donne.

R. P.: Solo da donne? Non c'era Filiberto?

T. B.: Sì, lui sovrintendeva, però, quando andammo dal notaio firmarono solo le donne.

R. P.: Chi eravate?

T. B.: Eravamo sei o sette donne. Io e mia sorella Lidia, poi c'era Carla Consiglio, Iole Gazzara e altre due, tre che ora non ricordo. Ma eravamo, mi pare, sette donne. Però io ho collaborato moltissimo con l'associazione femminista romana.

R. P.: Beato Angelico.

T. B.: Col Beato Angelico, perché ero molto amica di Nedda Guidi, bravissima, devo dire, straordinaria, lei faceva delle cose bellissime, dovrebbe essere ripresa, secondo me.

R. P.: Sì, sì, ho visto anche da te le opere.

T. B.: Guarda, veramente, ha fatto delle cose straordinarie, opere interessanti proprio come opere, ma interessanti anche per la fattura che era difficile da proporre, perché il foglio era sottile, grande, era difficile infornarlo, cioè si rompeva, si spaccava e invece lei è riuscita poi con le sue tecniche.

R. P.: Voi eravate molto legate?

T. B.: Molto legate perché ci siamo incontrate in una scuola dove io lavoravo presso un ispettorato.

R. P.: Pure Ketty La Rocca era insegnante, e lei nei suoi scritti diceva che però nel mondo dell'arte questa cosa veniva presa male, perché in qualche modo il fatto che tu non fossi in grado di fare un unico mestiere, quello dell'artista, veniva visto con sufficienza.

T. B.: Ma quale artista comincia a fare l'artista e riesce a mantenersi? A noi non ci compravano proprio, non ci curavano proprio, il problema non esisteva, non ci prendevano proprio in considerazione. Ricordo benissimo una volta, ero presente alla Galleria della Franca. In galleria c'erano le mie opere perché avevo fatto la mostra da poco, io ero andata lì, perché la mostra era finita e le opere stavano a terra, e passa un collezionista, il quale dice "belle queste opere", la gallerista si affretta a comunicare che il Tomaso Binga era una donna. Appena sentito che era una donna, il collezionista esclama: "Ah io no, mostre di donne, io opere di donne non le acquisto". Io ero presente, non ho detto nulla, mi veniva da ridere, perché poi la cosa mi divertiva pure. Silvia Franchi si chiama la gallerista. Non so se la conosci?

R. P.: No.

T. B.: Ultimamente ha fatto un libro con tutte le cose che ha fatto.

R. P.: Ah, forse sì, alla Galleria Nazionale, l'ho conosciuta alla Galleria Nazionale. Mi ha dato anche il catalogo.

T. B.: Lei ha fatto un bel lavoro all'epoca, devo dire. Sulle donne, pure lei.

R. P.: Sì, sì, tante cose.

T. B.: Di Poesia visiva si è occupata prevalentemente.

R. P.: E questi rapporti con Mirella Bentivoglio, con la Poesia visiva, com'erano?

T. B.: Diciamo che quello è stato un rapporto interessante, perché Mirella oltre ad essere un'artista, anche molto brava, devo dire, perché ha fatto delle opere bellissime, era anche una critica d'arte e poi era un'organizzatrice di mostre. Lei ha fatto una quantità di mostre di donne, però siamo sempre là, hanno cominciato a dire è un ghetto, tanto è vero che qualche persona, qualche artista aveva difficoltà, soprattutto quelle che avevano già un mercato, a entrare nelle mostre di donne, qualcuna si è anche defilata.

R. P.: Tu invece no, eri in prima linea.

T. B.: Ero in prima linea su questo, perché se tu non fai una battaglia, non la fai in prima persona, non puoi ottenere niente e di diritti ne abbiamo ottenuti, diciamolo, ad esempio sull'aborto. Anche se adesso sono tutti diventati obiettori di coscienza, che poi i significati li stravolgono, non è che uno vuole abortire per forza, perché delle volte è necessario che sia.

R. P.: Invece come vivi il fatto che negli ultimi anni stai avendo tanto successo?

T. B.: Con un po' di incredulità. Mi prendo in giro io stessa. Ma chi sono?

R. P.: Però ti vogliono tutti, è un periodo di grande successo.

T. B.: Ho sempre preso le cose con ironia, devo dire, nel bene e nel male, anche quando non mi volevano sentire. "Ah non mi volete sentire, e io ve lo dico lo stesso". Tenevo i miei cavalli di battaglia pure all'epoca, una poesia E io non te la do. Non so se la conosci?

R. P.: Sì...

T. B.: E allora... qualcuno dal fondo: "E chi la vuole".. e io: "E chi te la vuole dare". Incominciavano dibattiti. Ma lo sai che fino a qualche anno fa c'era uno che appena mi vedeva mi diceva: "Tu sei la femminista? No per carità, io con le femministe, non voglio avere a che fare". Perché io poi mi divertivo, facevamo delle cose, così, delle volte anche per gioco.