Intervista a Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)



Lavori in Progress: "Poesie psicopeotiche" e "Ritratti analogici"


Tomaso Binga parla del suo lavoro recente e in particolare della serie "Poesie Psicopoetiche", ricollegandola alle sue prime opere degli anni Settanta intitolate "Ritratti analogici".

soggetti:
collage; Poesia visiva; scrittura verbovisiva

opere:
Poesie Psicopoetiche, Tomaso Binga
Ritratti analogici, Tomaso Binga
Riflessioni a puntate, Tomaso Binga

trascrizione:
T. B.: Adesso in ballo ho tanti progetti in progress, mi pare anche di averti dedicato qualcosa o no?

R. P.: Domani abbiamo questa cosa alla British School, poi l'inaugurazione della mostra a Milano.

T. B.: Sì però, mi pare che ti ho dedicato pure una poesia, Poesie psicopoietiche.

R. P.: Sì, ma non adesso, già da un po'.

T. B.: Sì, però è un lavoro in progress.

R. P.: Una serie che stai portando avanti adesso?

T. B.: Io faccio in un'analisi della persona attraverso il nome e il cognome e cerco di individuare la sua personalità con una breve poesia che poi impagino in una certa maniera ed è un lavoro che io sto continuando a fare e poi vorrei ingrandirlo e farlo diventare una mostra, capito? Perché anche l'impaginato ha la sua importanza.

R. P.: Certo.

T. B.: Come le poesie che ho stampato, io anche di quelle vorrei farne delle opere, perché l'importante è proprio come le presento, è la forma, certo non ho inventato nulla perché è stato già fatto in precedenza però le mie sono particolari, con un significato ben preciso e con un'immagine che richiama anche la lettera, i font e così via. Ho tre progetti in progress.

R. P.: Cioè?

T. B.: Uno è questo sulla psicopoetica. E già tengo parecchia, parecchia roba. Poi ne ho uno sulle buste, per esempio buste che mi interessavano perché avevano un marchio così, che ho collezionato e sulle quali poi aggiungevo delle cose, o piccole poesie, e pure quello è in progress, e nessuno lo ha mai visto.

R. P.: Io forse ho visto qualche cosa sulle buste del tè per una mostra a Londra.

T. B.: Quella del tè è un lavoro che sto facendo adesso, è una nuova cosa che sto facendo adesso. E invece, no, forse le altre te le dovrei far vedere. Io dico quelli in progress, e poi sto lavorando a un altro progetto sulle buste.

R. P.: Sulle buste di plastica?

T. B.: No, di plastica, di carta, io ne ho tantissime. 50 / 60, sto inserendo delle immagini e alla fine voglio fare una mostra solo su questo. Come le vogliamo chiamare? Buste...

R. P.: Quelle di carta...

T. B.: Sì, di carta, quelle che usi quando vai a comprare qualcosa. Ti faccio vedere, ho usato quelle di Dior per il momento, però l'idea è un'altra, io voglio fare tutta una mostra con delle immagini che inserisco su una delle facciate della busta per esporle. Alcune sono piccole, altre grandi, le buste sono già belle di per sé, insomma, con i colori, con la struttura. Le persone che arrivano possono introdurre in queste buste un loro pensiero, un loro sogno da realizzare. Hai capito? Dopo di ché voglio vedere che cosa succede. Io credo sempre molto in queste catene energetiche.

R. P.: Poi tu potrai leggerli questi sogni?

T. B.: No, non li voglio leggere, però voglio solo avere poi una risposta da queste persone come è stato per Riflessioni a puntate, perché io gli ho detto di esporre perché si sarebbe creata una catena energetica tra tutte le persone che avevano esposto in quel momento e quindi potevano anche esprimere un desiderio, qualcuno mi ha scritto che aveva espresso un desiderio e il desiderio si era avverato, e quindi è un po' un prosieguo, che poi sai le cose che uno fa vanno avanti e indietro ma il nucleo più o meno è sempre lo stesso, con piccole trasformazioni. Ma io ho sempre lavorato, sulla scrittura, sulla poesia, a volte prevarica l'una sull'altra e viceversa, insomma.

R. P.: Di questi effettivamente non abbiamo parlato, erano i tuoi lavori iniziali.

T. B.: I primi lavori, anche questi erano un'indagine sulle persone perché si intitolavano Ritratti analogici, mentre questi che adesso sono in progress si chiamano "psicopoetici".

R.P.: Come erano realizzati?

T. B.: Uguali, con dei collage, io intanto scrivevo sempre la lettera del loro nome e cognome che intrecciavo e poi inserivo un collage che richiamasse un po' l'ndividualità, il personaggio.

R. P.: Quindi in questo caso c'erano delle gambe, delle mani...

T. B.: Questi erano un po' più sciolti, devo dire, erano stati fatti un po' così. Questa per esempio era una persona il cui nome cominciava la "E". Ma quando il nome e il cognome erano più evidenti... qui però non non ho esempi più evidenti da mostrarti.

R. P.: E queste erano proprio le tue primissime cose?

T. B.: Le primissime cose che ho fatto.