Intervista a Lamberto Pignotti



L'antologia di Gruppo 70


Pignotti parla dell'Antologia di Gruppo 70 e dello sviluppo della Poesia Visiva

persone citate: Gruppo 70 [Artisti] ; Gruppo 63 [Artisti] ; Balestrini, Nanni; Porta, Antonio; Sampietro, Enrico Riccardo [Editore] ; Mallarmé, Stéphane [Poeta] ; Marinetti, Filippo Tommaso [Poeta] ; Apollinaire, Guillaume [Poeta] ; Molière [Scrittore] ; Miccini, Eugenio; Marcucci, Lucia; Spatola, Adriano [Poeta]

trascrizione:
R.P.: Ti volevo chiedere rispetto a questa collana, Il dissenso, tu a un certo punto nel '65, un paio di anni dopo le prime esperienze con il Gruppo 70, hai già pensato di realizzare un'antologia in cui hai invitato alcuni dei protagonisti più vicino al Gruppo 70, insieme ad altri letterati e poeti visivi che in qualche modo non facevano parte strettamente di questa esperienza ma erano più legati al Gruppo 63 come ad esempio Balestrini, o lo stesso Porta. Come nasce questa idea di fare questa antologia, se mi puoi dire qualcosa rispetto a questa esperienza anche al rapporto con Sampietro che è stato un editore molto importante per l'esperienza della poesia visiva, non soltanto fiorentina ma in generale.

L.P.: Prima mi domandavi dei due convegni del Gruppo 70, uno era intitolato Arte e comunicazione del '63, il secondo Arte e tecnologia del '64. In questo ambito, ma anche prima, Firenze un po' calamitava altre città e noi salivamo o scendevamo, avevamo, in un primo tempo, raccolto diversi elementi sia di personaggi dell'ambito poetico avanzato sia del campo pittorico, sempre avanzato. Poi, che queste esperienze, in qualche modo abbiano contribuito a fare quella che poi è diventata la poesia visiva è un fatto non costruito volutamente, ma che è venuto fuori così, per evoluzione cronologica. Questa idea della poesia visiva, che allora non si chiamava così ma fra il '63 e il '64 cominciava a circolare questo nome, che non ho inventato io perché ho inventato la poesia tecnologica e altre cose, poi è diventato un brand abbastanza attrattivo, la poesia visiva è un tipo di poesia che attingendo ai linguaggi dei mass media, verbali e visivi, fa diventare la poesia qualcosa anche da vedere. Non che la poesia non si vedesse prima, già i poeti alessandrini, già nell'ambito barocco si facevano delle poesie in forma di -in forma di clessidra, in forma di croce, successivamente in forma del volto di Cristo- poi questo tipo di poesia visualizzata ha avuto un'evoluzione nel '900 con Mallarmé e anche con le poesie Parole in libertà di Marinetti, Apollinaire ha fatto piovere la poesia successivamente. L'idea della poesia visiva viene dal rapporto che guardava i manifesti e i fotoromanzi di allora che già parlavano non con linguaggi separati, qua la parola e qua le immagini, era un linguaggio che confluiva. Sicuramente Apollinaire o Marinetti avevano praticato cose similari ma secondo me non avevano avuto la consapevolezza di usare quel linguaggio in maniera concomitante, un po' come quel personaggio di Molière che parlava in prosa e non sapeva di parlare in prosa. Questi due momenti, chiamiamoli festival e mostre, le conoscenze hanno portato anche a una certa confluenza di poesia sperimentale e arte d'avanguardia, da un certo momento si sente che questa poesia che si stava facendo, senza chiamarla poesia visiva- la facevo io, la faceva Miccini, Lucia Marcucci, Nanni Balestrini, Martini a Napoli- viene fuori, non per mia conoscenza ma per conoscenza di Adriano Spatola, venne fuori un editore curioso e avventuroso che disse "facciamo un'antologia di poesia visiva, a chi la facciamo fare?" Spatola, che allora non faceva poesia visiva, si rivolse a me ed io dissi "si, facciamola". Detto fatto, Enrico Riccardo Sampietro l'avrebbe voluto il giorno dopo, io di poeti visivi ne conoscevo 7-8 e quelli io presenti all'editore che disse "no, almeno quindici per fare l'antologia e bisogna farla alla svelta che questo nome circola e ce la fanno prima altri". Allora io mi misi in contatto con i poeti sperimentali, che ancora usavano la parola sperimentale, e gli chiesi di metterci qualche figurina nel mezzo, lo dico come battuta, per cui diversi di questi quindici prima erano solo poeti sperimentali e poi sono diventati anche poeti visivi, qualche volta facendosi aiutare da alcuni pittori compagni di strada.