Intervista a Luca Patella



Gli esordi, la formazione e le prime mostre


Patella perla del suo percorso di studi e della sua formazione artistica e scientifica. Prosegue ricordando la scuola di Stanley William Heyera Parigi, le prime esperienze in alcune delle più importanti gallerie romane e l'incontro avvenuto con Duchamp.

persone citate: Patella, Luca [Artista] ; Manzoni, Piero [Artista] ; Sargentini, Fabio [Gallerista] ; Ripellino, Cesare [Professore] ; Pauling, Linus [Chimico] ; Pasolini, Pier Paolo [Regista] ; Bergmann, Ernst [Filosofo] ; Argan, Giulio Carlo; Calvesi, Maurizio; Foschi, Rosa; Hayter, Stanley William; Lacan, Jacques; Vespignani, Renzo; Attardi, Ugo; Calabria, Ennio; Kounellis, Jannis; Diacono, Mauro; Coccia, Mara; De Martiis, Plinio; Pirandello, Ninì; Castellani, Enrico; Duchamp, Marcel; Jung, Carl Gustav; Freud, Sigmund

opere:
Senza peso, Luca Patella
Terra Animata, Luca Patella

enti e istituzioni:
Liceo Classico Giulio Cesare [Liceo Roma] ; Calcografia Nazionale; Biennale di Venezia; Galleria Del Girasole; La Nuova Pesa; Galleria La Tartaruga (Roma); Galleria Arco d'Alibert; Galleria Schwarz

trascrizione:
R.P.: Buongiorno a Luca Patella, ti ringrazio di aver accettato questa intervista. Ti volevo chiedere di partire un po', se ti va, parlando della tua formazione. Quando sono arrivata mi hai mostrato questa foto molto bella in cui ci sei tu bambino con, sembra, un raggio di sole in mano.

L.P.: Una coppa, una patella. Patella vuol dire "piccola coppa sacrificale aperta", luce-Luca. Questa è una foto fatta da mio padre che, chiaramente, era mezzo artista anche lui e sta alla base della mia formazione. La mia formazione, come tu sai e come ti ringrazio di sapere, è molto varia, molteplice, molto inusuale e anche precoce. Fin da bambino, ad esempio a 4 anni ho fatto dei libri, ma non su Pisellino o Paperino, ma libri inventati e illustrati da me a colori, ne ho qualcuno, e poi non sapendo ancora scrivere avevo una zia inglese, io le dettavo e lei scriveva con una bella calligrafia rotonda tutto quello che le dicevo. Raccontavo queste storie ed io, rivedendole oggi ho visto che sono storie psicologiche, incredibilmente psicologiche, però è noto che i bambini a volte hanno delle intuizioni. Mio padre era cosmografo, anche ingegnere ed era un po' alla base della mia formazione ma non è che mi ha detto "fai questo, fai quello" mentre la mia formazione è stata di studi classici e pure scientifici.

R.P.: Mi dicevi che andavi allo stesso liceo di Piero Manzoni, a Milano.

L.P.: Sì sì, lì a Milano la guerra, no? Eravamo vicino a Brera, la Piazza Sant'Angelo, e lì ci sono vicini i frati, allora sì andavamo alla stessa scuola ma elementari. Questo è un piccolo inciso, sarei stato allevato insieme a lui perché i fratacchioni, che non amo molto, se sentono aria di nobiltà allora danno un certo privilegio no? Probabilmente saremmo stati allevati insieme ma poi non abbiamo avuto molti rapporti perché sono cominciate le bombe al fosforo e siamo andati via da Milano a Montepulciano in una casa che avevamo e lì passavano i tedeschi, certe avventure. Poi con Manzoni così ma anche con Sargentini, ero arrivato a fare gli studi classici al Giulio Cesare, però Sargentini è un po' più giovane di me e quindi non ci siamo incrociati allora. Poi avevamo Cesare Ripellino per professore e Sargentini l'ho conosciuto dopo. Quindi studi classici e poi scientifici, scientifici non un po' di scienza ma ero arrivato a chimica strutturale elettronica, ero arrivato ad essere, andando all'estero, il giovane assistente di Linus Pauling, doppio premio Nobel. Poi in un certo momento decisi di lasciare la famiglia, che forse mi aveva un po' troppo inglobato, e di tornare in Europa e quindi non abbandonai gli studi scientifici perché non piacevano, mi piacevano molto perché erano molto teorici; una volta tornato in Europa prima ho girovagato un po' per liberarmi, anche in situazioni abbastanza pericolose diciamo. Ho avuto rapporti con i Ragazzi di vita, Pasolini l'ho conosciuto, ma i Ragazzi di vita in particolare, e poi ho lottato un anno intero con me stesso perché potevo proseguire nella scienza oppure nel frattempo avevo conosciuto la psicanalisi con Ernst Bergmann, oppure passare all'arte che già praticavo chiaramente.

R.P.: E quando hai iniziato a lavorare sulle tue acquaforti a colori simultanei?

L.P.: Ecco la domanda è giusta. Passai dalla scienza all'arte ma poi avevo capito che con la scienza non avrei potuto fare né arte né psicologia, mentre in un'arte come la intendevo io avrei potuto fare arte, scienza e psicologia. In un certo momento Argan è stato un mio notevole protettore, Argan, Calvesi, Calcografia Nazionale -che allora era un luogo assolutamente deserto- nel frattempo avevo incontrato Rosa Foschi, anche lei artista, pittrice, poetessa e filmmaker dell'animazione in particolare. Alla Calcografia avevamo fatto il nostro studio, ho delle foto e anche un film, girato da un amico in 35 mm, in cui si vede Rosa ed io giovanissimi che lavoriamo alla Calcografia trasformata in un nostro studio. Alle cinque veniva Argan, preparavamo il tè con certe tazze gialle per lui e lui veniva per informarsi di come andavano le cose e per vederle. Prima di incontrare Rosa, ero andato a Parigi e avevo frequentato la scuola di Stanley William Hayter, che ha inventato l'acquaforte a colori simultanei però manuale, sennonché io poi sono stato là, ho lavorato e conosciuto tante persone incluso Lacan e il genero di Lacan.

R.P.: Questo in che anni?

L.P.: Qui siamo all'inizio degli anni Sessanta, però a Parigi c'ero già stato in precedenza. Poi tornando ho pensato di lasciar stare il disegno con cui avevo lavorato molto, ho una produzione segnica e di disegno molto vasta, che tu magari nemmeno conosci molto.

R.P.: Ho visto alcune cose, dei piccoli cataloghini e c'è un passaggio abbastanza netto fra le cose del '64 e poi queste acquaforti che presenti alla Biennale del '66.

L.P.: Giustissimo, sei informata. Ho delle casse intere con tutte lastre incise ma non stampate, di una ho fatto una stampa giusto due mesi fa. Ho assunto la fotografia e il film come strumento espressivo lasciando stare il segno e il disegno, praticato a fondo, per cui ero amico anche di Vespignani, c'entra nella complessità.

R.P.: Questi collegamenti sono molto interessanti perché è una fase questa dal '60 al '65 che del tuo lavoro rimane sempre un po' meno studiata e analizzata, eppure sarebbe molto bello.

L.P.: Io lo chiamo un Patella pre Patella.

R.P.: Un Patella proto Patella.

L.P.: Proto Patella, giusto. Perché sai certi critici meno avveduti di te alle volte mi dicono "anche questo hai fatto" e io stesso sono un po' dubbioso quando uno fa tante cose, storco un po' la bocca perché spesso c'è da chiedersi qual è la sostanza del tuo lavoro, è difficile dirlo. La mia sostanza è una stanza S.O.S., penso in una possibile dialettica di tante cose, opposte, diverse e da integrare cosa in cui io non sono bravo, tant'è vero che di psicanalisi mi occupo ancora perché non ho risolto me stesso, per carità.

R.P.: C'è questa mostra che tu fai nel '66 alla Galleria Del Girasole che è molto interessante perché in quel momento tu utilizzi la proiezione e inizi un po' questo tuo ciclo delle immagini Senza peso.

L.P.: Sì, chiamavo Senza peso non tanto per, si dice il cinema non ha un peso, sì senza peso fisico va bene ma è un senza peso moralistico legato a quel tipo di fare perché il segno e il disegno erano strutturali, anche rappresentativi ma la qualità del segno e il ritmo totale è legato a qualcosa di moralistico, dico. Quella mostra lì sì, avevo fatto anche mostre precedenti ma poi mi vennero a cercare perché si stava costituendo quel gruppo del Girasole, un po' arretrato ma insomma, non male. Mi vennero a cercare e io stavo a Via Padova, qui vicino -e in tutto questo Rosa ancora non c'entrava- questi giovani erano di un gruppo autofinanziato, si pagava diecimila lire che allora... per questo cercavo di fare da me perché non avevo palate di soldi, ero venuto via per rendermi, per quanto possibile, indipendente. Feci una mostra, c'erano anche una riunione, dei comitati perché per farla più vasta in questo Girasole c'erano i pro e i contro, in cui c'erano Vespignani, Attardi, Calabria, ma quella era un'altra cosa che stava sempre lì a Via Margutta. Prima feci una mostra di incisioni nel '64 di parti disegnative alla Nuova Pesa, che fu vista un po' come un tradimento "ma come Patella invece di esporre qui è andato alla Nuova Pesa", ma alla Nuova Pesa mi accoglievano. C'era un po' questo equivoco fra uno e l'altro dove Kounellis esisteva ma faceva delle belle ondicelle.

R.P.: Lui a La Tartaruga le ha esposte.

L.P.: Sì sì, a La Tartaruga ma prima aveva esposto in una traversa di Via Margutta, non so come si chiamava quella galleria che stava a un piano superiore, sai quelle ondicelle, degli acquarellini, però li ha fatti in grande no?

R.P.: Però già dal '60 faceva parte del gruppo de La Tartaruga, la sua prima mostra pubblica era, non ricordo se nel giugno o nel febbraio, ma comunque nel '60 e presentata da Mauro Diacono.

L.P.: Questa mostra stava, forse si chiama ….. Alibert.

R.P.: La Galleria di Mara Coccia, la Arco d'Alibert.

L.P.: No Arco d'Alibert è una cosa, questa è un'altra. Andando verso Piazza del Popolo la prima a sinistra e corta, lì si saliva al primo piano ed espose degli acquarellini di Kounellis che però forse vennero comprati, non so.

R.P.: Sì sì.

L.P. Fra l'altro Plinio poi con La Tartaruga stava in fondo a Via del Babuino sulla sinistra, di fronte alla Rai quasi, ma lì Plinio che era legato a Ninì Pirandello per cui in quella galleria, dove ci fu una delle prime mostre di Manzoni...

R.P. Sì Manzoni e Castellani.

L.P. Sì Manzoni e Castellani però lì si esponeva principalmente Pirandello, che poi nella Scuola Romana è quello che mi piace di più, dipingeva su dei cartoni grigi spessi un centimetro, poco più grandi di un 70x100 e preparati forse a gesso e colla o addirittura ..... io ero all'astratto concreto ma Pirandello era interessante, il figlio, il padre anche ma come pittore no. La Tartaruga la frequentavo anche quando poi si è spostata sopra a Rosati, quando è arrivato Duchamp.

R.P. Sì nel '63 e nel '64 è arrivato Duchamp.

L.P. Ero amico di una segretaria di Plinio che era una tedeschina molto carina, con cui ho girato un film in cui lei si spoglia e allora lei mi chiamò e mi disse "Luca, Duchamp è in albergo" e allora presi la Vespa e da Via Padova arrivai là. Le notizie le sapeva prima Patella che Plinio.

R.P. E com'è stato l'incontro con Duchamp?

L.P. Duchamp era molto simpatico. Poi l'ho incontrato a Parigi, a Milano da Schwarz nel '64 e di lui sai ci sono cose che voglio dire e non dire perché vanno a urtare certe persone e allora... da un lato potremmo dire che da introverso ha avuto pochi rapporti -io sono molto individualista, come insegna Jung che parla di individuazione, però nemmeno gli junghiani lo sanno- dall'altro lato Jung proprio è per la trasformazione, se Freud in parte è ancora un anti..... un po' meccanicista, Jung che dice spiritualista sì, ma per la trasformazione, una formazione trasformativa. Poi di Jung, in quell'intervista che hai visto, mi hanno detto "ma allora hai scritto lì junghiano" ma io avevo complementato Jung con tante altre cose più sociali, più di rapporto, allora ecco Parigi, poi Rosa, poi la Calcografia, Argan, Terra Animata.