Intervista a Luca Patella



L'incontro con Pierre Restany e Anversa


Patella racconta dell'incontro con Pierre Restany, delle performance a L'Attico di Via del Paradiso e delle mostre ad Anversa.

persone citate: Restany, Pierre; de Goldschmidt, Jeanine; Christo; Argan, Giulio Carlo; Calvesi, Maurizio; Patella, Luca; Opalka, Roman; Bex, Florent; Fagone, Vittorio; Fabro, Luciano; Foschi, Rosa; Szeemann, Harald; Celant, Germano; Pistoletto, Michelangelo; Diderot, Denis; Alighieri, Dante; Omero; Paolini , Giulio; Freud, Sigmund

opere:
Alberi parlanti, Luca Patella
Muri Parlanti, Luca Patella
Terra Animata, Luca Patella

enti e istituzioni:
Galerie J; Galleria Apollinaire; Galleria L'Attico (Roma); Internationaal Cultureel Centrum; MUHKA; MACRO; Calcografia Nazionale; Corona Cinematografica; Biennale di Venezia

trascrizione:
R.P.: Come hai conosciuto Restany?

L.P.: Andavo molto a Milano e anche a Parigi con Rosa siamo stati ospiti di Pierre. Poi lui stava fra Parigi e Milano al Manzoni, a quell'albergo.

R.P.: E tu eri in contatto anche con la moglie Jeanine de Goldschmidt, la gallerista della Galerie J? Aveva aperto questa galleria a Parigi che ha chiuso nel '66, tu quando li avevi conosciuti?

L.P.: È bello perché gli Alberi parlanti e i Muri parlanti sono perfettamente datati da Restany perché la mostra alla Apollinaire, in cui aveva esposto Christo -e li si vede Christo con dei riccioloni bruni che ascolta una pianta parlante- Pierre appena arrivato da Malpensa in Galleria "sono le ore tale, del giorno tale, del mese tale, dell'anno tale" quindi perfettamente datate, appena arrivato ad ascoltare i Muri parlanti. Questa voce ce l'ho messa, anche perché questi alberi, anche a Napoli, parlano o il francese, o patelliano, o italiano, o spagnolo, e c'è la voce di Restany che data.

R.P.: Mi chiedevo di Restany se ti ricordi quando lo avevi incrociato.

L.P.: Inizio anni settanta, forse anche prima.

R.P.: E quali erano gli altri critici, perché tu hai lavorato molto con Argan, come mi dicevi prima, Calvesi e poi nella generazione successiva, negli anni Settanta?

L.P.: Tanti e non tanti perché a dire la verità, vi ho già detto poco fa, che da un lato potrei dire che dal basso della mia introversione non sono riuscito a contattare quasi nessuno. Rovesciando la frittata si può dire "caspita, ma questo Patella si è introdotto ovunque". Ero amico di Roman Opalka e di sua moglie.

R.P.: Ah, di Roman Opalka.

L.P.: Sì, sai poi perché a un certo punto ero arrivato a L'Attico, poi a Beccaria, poi a fare le mostre a Via del Paradiso e lì performances molto calibrate con gazzette firmate, quelle gazzette individuali. In una performance, ne ho fatte tante, coinvolgevo una mia controfigura di un medico che segnava un nudo, segnava il fegato, poi mentre faceva questo parlava nel microfono, con i fili allora, con la mia voce, ma non ero io. A un certo punto arrivo io e altri "no, lasci fare, lasci parlare Patella" io facevo largo e cominciavo a parlare al microfono. Si capiva che era tutto uno scherzo, ma uno scherzo serio perché un conto è farsi quattro risate e un conto è adoperare l'ironia. A un certo momento ho cominciato ad andare a Milano, Parigi, Anversa, Londra.

R.P.: E la mostra di Anversa, che è stata particolarmente importante, com'è andata? Ti hanno contattato loro? Chi era il direttore?

L.P.: Ma quella ci fu una mostra fatta da Fagone, morto da poco povero uomo, al ICC (Internationaal Cultureel Centrum) il cui direttore era Flor Bex -che poi è diventato direttore del MUHKA- intelligentissimo. Al ICC c'era questa mostra nel '75 di Fagone, c'era Fabro, io e altri autori, c'è il catalogo comunque una bella mostra. Poi conoscendo Bex mi invitò a fare una personale nel '76 allora cominciai ad andare spesso, Anversa era diventata un po' la nostra seconda patria e con Rosa, che andrebbe messa in auge perché lei si tira indietro, è modesta, ma in realtà ha fatto tante di quelle cose prima di.... Allora andavamo a Berna, Dusseldorf, Monaco, Bruxelles, e partivamo per una settimana e tornavamo dopo due mesi. Tra l'altro insegnavamo anche, per fortuna avevamo alcuni adepti che ci aiutavano. Anche l'insegnamento...se alla Calcografia avevamo le chiavi e stavamo fino alle 4 di mattina, alle 4 si presentava il Falcinelli, il custode, mentre noi lavoravamo come matti. C'è anche un film molto bello. Poi avevamo la chiavi della Corona Cinematografica che faceva i cortometraggi di animazione qua, perché lì avevano capito che vincevano i premi, anche quello che hai visto tu vedo vado, ci vado invece di vedere vado!... è prodotto dalla Corona Cinematografica e ha vinto il premio Osella d'Argento alla Biennale di Venezia del '69, appena girato, poi quelli avevano capito che vincevano i premi e allora "fate voi quello che volete". All'inizio erano un po' titubanti ma poi ci lasciavano fare, allora con Rosa stavamo, fino alle 4 di mattina anche lì, sotto la macchina verticale a scatto singolo a fare smorfie, poi prendevamo la vespa o la lambretta... Perché ho meravigliato qualcuno "Patella, ha buttato il telefono, parla male del digitale, a volte, non guida l'automobile, ma allora è rimasto …..
Comunque non è vero che con le tecniche non ho a che vedere, tutte queste cose, le macchine trasformate o che, dice con quale mentalità? Con una mentalità scientifica perché ecco, un'altra cosa che mi preme chiarire è che attualmente, ingenuamente, si pensa "la scienza è matematica e logica". Io non sono né matematico né logico, non è questa la scienza. Sì insomma, andando per la quale ma la scienza che interessava a me è una semiologia parallela e dialettica a quella artistica, non che la scienza è certa e matematica e l'arte è fantastica e bella, ma può essere anche brutta e non fantastica per niente. La psicologia è un'altra cosa che mi interessa molto e vogliamo chiamare scienza anche quella?

R.P.: Posso farti un'altra domanda?

L.P.: Sì certo.

R.P.: Facendo un passo indietro, passiamo al '76 ad Anversa, però a un certo punto hai nominato Berna e quindi mi è venuto in mente Szeemann e abbiamo un po' tralasciato questo discorso sul fiorire nel '67 dell'Arte Povera e quindi con critici che, sempre di più oggi, sottolineano l'importanza anche di Roma per la nascita di questo momento così importante per l'arte italiana. Tu all'interno di ….., questo libro di Celant sei, se non sbaglio, inserito e parla dei tuoi lavori, però ecco, che rapporti hai avuto, come hai vissuto questa nuova fase?

L.P.: È un domanda molto giusta e tu hai capito che la mia formazione è molto diversa e complessa perché con questi amici, che non disprezzo affatto, con alcuni siamo amici ad esempio Michelangelo mi ha chiamato giorni fa e ci vedremo, in che mi differenzio? Sai parlare di psicanalisi forse tu ne sai qualcosa ma qualche critico mi guarda così....mentre Diderot proto psicoanalista, te l'ho detto, qualcuno....ma insomma un discorso con certe persone non ce lo potevo fare mentre per questo mi meravigliavo di poterlo fare là. Allora si Germano mi aveva introdotto in quel libro perché ero L'Attico, però poi Patella è troppo complesso. Complesso sì, però anche semplice, io non cerco di mascherarmi, non cito Freud perché ho letto un risvolto di copertina, io ho letto e fatto ben altro. Germano è un amico, detto fra noi forse un "n" amico, perché non può prendere Terra Animata e postdatarlo '69-'70. Se quelli hanno detto ….. è perché loro stessi si aspettavano che fosse roba molto più tarda. A Germano ho mandato quel libro che tu hai visto.

R.P.: Quello che hai promosso alla Galleria.....

L.P.: Sì. Non essere poi l'inconscio. Oso non essere, "il mondo sanza gente" dice Dante, Omero dice "......" ossia "il popolo dei sogni", quelli avevano capito qualcosa, per quella la Vita nuova è una cosa meravigliosa. Germano quando ha ricevuto questo libro mi ha scritto "bellissimo libro, mandamene anche altri" quindi sai, da un lato è un amico.

R.P.: Io ti chiedevo se avevi altri contatti al di là di lui, anche con gli artisti e se ce n'era qualcuno che ti interessava e con cui ti sei sentito più vicino, anche in questa seconda fase degli anni Sessanta indipendentemente anche dal rapporto non di vicinanza con Celant. Del gruppo degli artisti mi dicevi Pistoletto.

L.P.: Sì sì, hai visto entrando là c'è una grande cartella con scritto Patella-Paolini-Pistoletto, quello era un lavoro fatto alla Calcografia dove io stavo.

R.P.: Per esempio con Paolini avete lavorato?

L.P.: Sì sì, anche. Da un lato sono amici e spero che non parlino tanto male di me quanto io non voglio parlare male di loro, allo stesso tempo non posso far finta di non sapere certe cose per far piacere a quello o a quell'altro, le so.