Intervista a Nini Santoro



1958: la borsa di studio presso l'Atelier 17 di Stanley William Hayter a Parigi


Ninì Santoro parla del suo periodo formativo presso l'Atelier 17 di Stanley William Hayter a Parigi e dunque dei suoi studi da incisore. Infine, si sofferma sulle sue incisioni esposte alla Biennale di Venezia del 1952.

persone citate: Hayter, Stanley William; Martinelli, Giovanna; Bonnard, Pierre; Vuillard, Édoard; Argan, Giulio Carlo

enti e istituzioni:
Biennale di Venezia

trascrizione:
N. S.: Per Parigi esisteva una borsa di 4-6 mesi per studiare l'incisione. Quando ero ancora a Roma mi proposero: "guarda devi andare da Hayter che è il massimo di questi".

C. Z.: Quindi hai studiato da Hayter?

N. S.: Sì, e anche lei, Giovanna Martinelli, (artista, e moglie di Ninì Santoro, presente all'intervista). Ecco anche lei ha studiato da Hayter.

M. R.: Parliamo di Hayter.

N. S.: Sì, Hayter. Una delle vecchie sedi dell'atelier di Hayter si trovava a rue Joseph Barrà, anche Bonnard, Vuillard stavano là. L'ambiente era sempre quello, la macchina da stampa era la metà di quella che ho io lì
e poi ce n'era un'altra piccolina. C'erano studenti giapponesi, francesi, uno svizzero e un cileno. Hayter era formidabile, bravissimo, un genio. E poi sono diventato suo amico e ho frequentato il suo atelier molti anni, fino alla Biennale del 1962.

C. Z.: Ma stampavate con il suo metodo?

N. S.: Sì, tutte le grandi stampe. Ad esempio quella del 1962. Allora quando sono stato invitato alla Biennale io avevo pochi anni, 24-25 anni. Ero molto giovane, allora naturalmente chiesi ad Argan "Mi avete inviato alla Biennale cosa devo fare?" Io volevo fare delle cose grandi, gigantesche quelle che si facevano alle calcografie.
Allora dissi ad Argan e a Hayter di aiutarmi: "senti io voglio fare una cosa". Faccio a Billy "faccio 4 fogli di carta li metto insieme così diventa un supporto grande". E lui disse "ça va, ça va, tres bien" e dico "poi voglio fare delle incisioni, delle xilografie". C'erano i giapponesi da noi, che facevano delle cose, ma non con il legno però. Loro lavoravano sempre il bulino. Io siccome volevo fare delle cose grandi da megalomane per la Biennale del 1962, volevo fare la Cappella Sistina, una roba grande, gigantesca. Mi dovetti frenare perché al massimo i fogli di carta erano un metro per un metro, c'erano quelli grandi, ma non come adesso che ci son fogli di carta da 3 metri e mezzo, 4 e 5. E allora presi dei fogli di carta giapponese da Carbognet che erano 1 metro per 70, di carta fina fina. Andai da un falegname per procurarmi delle strisce di legno, cosicché potessi incidere a mano. Io vivevo in una stanza di 4x5 metri al secondo piano di una casa molto bella, sopra al museo di Cluny, piena di luce. Scavavo a bulino come un pazzo da mattina a sera poi inchiostravo il legno e poi con il cucchiaio le stampavo una a una. Il cucchiaio fu un'idea di Argan perché c'erano i giapponesi che stampavano con una specie di cuscinetto di gomma.
Le stampe della Biennale di Venezia sono tutte stampate a cucchiaio e sono belle grandi eh! erano grandi come stampe a colori. Quando ho esposto queste opere nella mia sala alla Biennale del 1962, nessuno aveva mai fatto delle cose del genere, incisioni su legno grandi così. Ci fu la regina siriana che mi disse: "questi sono dei monotipi". Nello si arrabbiò, perché si conoscevano molto bene con la regina, visto che lui era andato a studiare e a insegnare arte in Siria.
Sai è bellissimo parlare con le persone come lui che sanno già tutto e non devi dire nulla. Basta che tu dicessi un nome e lui sapeva già tutto.