Intervista a Nini Santoro



L'importanza della formazione con Stanley William Hayter e il soggiorno a Parigi


L'artista ritorna, in colloquio con Giovanna Martinelli, sul ruolo di Stanley William Hayter e parla della conoscenza, durante il soggiorno parigino, di Max Ernst e Hans Hartung.

soggetti:
stampe; incisioni

persone citate: Martinelli, Giovanna; Hayter, Stanley William; Ernst, Max; Bissier, Julius; Hartung, Hans; Fautrier, Jean; Ungaretti, Giuseppe

trascrizione:
N. S.: Cara Giovanna, io adesso vedi parlo solo io, è brutto, ma mi chiedono delle cose e gliele devo dire.

G. M.: Beh son venuti qui apposta per parlare di te!

N. S.: Allora conosco Giovanna (Martinelli) da trent'anni, mi piaceva come disegnava e quello che faceva e poi l'ho mandata da Hayter.

G. M.: Appena in tempo devo dire, era il 1985 e Hayter veniva una volta a settimana. Era un inverno freddissimo per cui non era opportuno andasse troppo a spasso. Poi in realtà ha giocato a tennis fino al giorno prima di morire, era uno energico.

C. Z.: Energico?

G. M.: Sì, pieno di energie.

N. S.: Sono stato a Parigi 6 anni e sono stati anni favolosi. E poi da Hayter avevo il permesso di andare la domenica, quando lì stampava solo lui. E siccome sapevo che, come tutti gli studenti, non avevo soldi un giorno disse: "Santoro guarda che c'è un amico mio che vuole stampare delle piccole incisioni, gliele fai tu?". Era Max Ernst! e non ho tenuto manco una stampa di quelle. L'ho conosciuto perché un giorno Hayter disse: "Viene domani e ti porta le lastre". Stavo stampando, mi sono girato e all'angolo della porta d'ingresso ho visto Ernst. Sai il Falco presente nei suoi quadri? Uguale! Sai gli occhi così, alto, magro magro. Hayter disse "Vabbè stampagli questa roba qua", feci la prima copia e disse "ah bellissima, formidabile", che emozione.
Poi sono andato a trovare Julius Bissier certe volte eravamo io e lui da soli. Mi diceva "ma vuoi mangiare con me?", io gli rispondevo di sì e allora uscivamo e andavamo. Un giorno mi disse. "vieni oggi vado da un amico a mangiare". Era uno senza un braccio, era Hans Hartung e abbiamo mangiato con lui, loro parlavano dei fatti loro e io invece stavo zitto. Anche Ungaretti mi spediva a incontrare persone. Queste cose io le rivivo adesso, ma all'epoca non le ho vissute nello stesso modo, se avessi avuto la cultura che ho adesso. Ungaretti mi ha mandato anche da un signore che si chiamava Jean Le Poulain. Ungaretti mi disse "lo devi andare a trovare di martedì perché lui riceve solo di martedì". Mi presentai dicendogli: "mi manda Ungaretti", gli portai la lettera e lui disse "Mensieur j'aime le Porto?" e io gli dissi "Sì!". Mi ritrovai con bicchiere di Porto in mano. C'erano tutti signori perlomeno di vent'anni, trent'anni più di me, me li presentò. C'era tutta la cultura francese lì, come Pierre Maillard. Era un'esperienza sconvolgente, perché solo adesso mi rendo conto di aver visto un film, di cui anch'io facevo parte però all'epoca.

C. Z.: Jean Fautrier c'era?

N. S.: Come no!

C. Z.: Chi ti ci aveva mandato?

N. S.: Sono andato a casa di Fautrier, accompagnavo Palma Bucarelli. Sono andato da Fautrier, c'era anche Paola Argan, con un'auto R4, mentre la Bucarelli era come se fosse scesa da una Rolls Royce.

C. Z.: Quindi a Parigi chi hai conosciuto?

N. S.: Tutti.

C. Z.: Molti artisti.

N. S.: Sì.

C. Z.: Molti critici?

N. S.: Parigi era un posto bellissimo e la gente era bellissima. Poi naturalmente, quando stavo là, tutti venivano a trovarmi: gli amici Perilli, Novelli. Da Luigi Boille mi mandò Achille. Non era come in Italia, prendevi un appuntamento e la gente ci andava. Mentre in Italia ti trattavano tutti con sufficienza tremenda. Poi c'era la dicotomia tremenda tra quelli che facevano figurativo e quelli che facevano l'astratto. Non parliamo poi delle gallerie, di gallerie non ce n'era quasi nessuna. C'era la Tartaruga.