Intervista a Paolo Buggiani



Il rapporto con gli alcuni dei protagonisti della scena artistica italiana degli anni Cinquanta


Buggiani racconta dei suoi rapporti con alcuni degli artisti italiani con cui era in contatto negli anni Cinquanta. In particolare si sofferma sul suo interesse per l'attitudine sperimentale di Gastone Novelli e sulla sua amicizia con Alberto Burri.

soggetti:
fotografia; luoghi d'incontro

persone citate: Basaldella, Afro [artista] ; Novelli, Gastone [artista] ; Perilli, Achille [artista] ; Dorazio, Piero [artista] ; Twombly, Cy [artista] ; Burri, Alberto [artista] ; de Kooning, Willem [artista] ; Rolli, Alberto; Rauschenberg, Robert [artista] ; Cornell, Joseph [artista] ; Sonnabend, Ileana [gallerista] ; Castelli, Leo [gallerista]

trascrizione:
E.G.: Rispetto ad artisti della tua stessa generazione, come Afro, Novelli, Perilli, sentivi di avere delle cose in comune?

P.B.: Sì, ho esposto con loro spesso, però Perilli e Dorazio facevano un astratto con un'influenza francese, mentre Novelli è stato uno che dopo essere arrivato dal Sudamerica - non so quanto tempo era stato in Sudamerica - è entrato quasi a gamba tesa nel gruppo. Però all'inizio è stato anche influenzato da Cy Twombly. Cy era arrivato a Roma da poco. Si era sposato con la sorella di un grosso collezionista romano. Mentre Cy Twombly faceva questi scarabocchi bellissimi, anche Novelli ha cominciato a scarabocchiare, però ci ha messo delle parole. Novelli era anche molto intelligente. Era un ricercatore e mi interessava più lui che non gli altri che facevano delle cose un po' francesi.

E.G.: E invece rispetto agli artisti della generazione precedente? Abbiamo già accennato al rapporto con Cagli. Anche Burri.

P.B.: Burri era mio amico. Siamo andati a caccia insieme, oppure, quando Afro ha invitato de Kooning a Roma, andavamo a sparare al piattello. C'era un posto che si chiamava "Lazio" e lì c'erano de Kooning, Afro. Burri non veniva perché non andava d'accordo con Afro. Lo vedevo separato. Burri poi l'ho visto più in America, prima che andasse a Los Angeles, dove aveva casa. Anche lì l'ho visto per una volta, quando sono andato a Los Angeles per una mostra su La Cienega. Però quando veniva a New York mi chiamava e insieme ad Alberto Rolli andavamo a comprare delle macchine fotografiche, perché lui le amava: le smontava tutte, le rimontava per capire come erano fatte e poi credo le regalasse. Però non è che facesse molta fotografia. Era interessato al meccanismo delle macchine fotografiche.
Poi, siccome Burri aveva un solo quadro al Museo d'Arte Moderna di New York, mentre gli altri avevano dei grandi quadri. Rauschenberg era venuto fuori da una costola di Burri. Nel 1953-54 aveva fatto una mostra all'Obelisco, e Piero Dorazio l'aveva portato nello studio di Burri che allora era in via Margutta. Lì per la prima volta ha visto i Sacchi bruciati, le cose. Ne è stato così influenzato che, arrivato a New York, ha cominciato a fare gli assemblage, ha cominciato a fare "i Rauschenberg". Qui a Roma, all'Obelisco, Rauschenberg aveva esposto delle scatole con una penna dentro, una pallina, che erano più "alla Cornell".
E allora, quando Burri veniva a New York era arrabbiatissimo con quelli del MoMa perché questo suo quadro gliel'avevano messo nel corridoio. E non veniva a un ristorante a mezzogiorno per non incontrare Ileana Sonnabend e Leo Castelli, che spesso andavano lì a mangiare. "Non voglio incontrarli perché li odio".
Poi siamo andati nel Gargano insieme, a caccia di anatre. C'era anche un suo mercante di Milano che non ricordo come si chiamava. Queste storie sono un po' annebbiate dal passato.