Intervista a Paolo Buggiani



Lo statuto della fotografia per Buggiani


Buggiani esplicita il valore di documentazione che riveste sempre per lui la fotografia. Egli infatti non si sente in alcun modo fotografo.

soggetti:
fotografia

persone citate: Arbus, Diane

opere:
Desiderio di mare, Paolo Buggiani
Captured space (serie), Paolo Buggiani
Lovers, Paolo Buggiani
Vacuum forming (serie), Paolo Buggiani
Dipinti sulla neve (serie), Paolo Buggiani

trascrizione:
M.R.: Invece per quanto riguarda la tua opera, dopo la pittura informale del periodo romano e i dipinti assemblagisti, tu quindi arrivi alle celebri serie dei corpi umani sottovuoto e dei "Captured space". In questa analisi fra il corpo e lo spazio è importantissima la dimensione fotografica. Per te in quel caso la fotografia che statuto ha? Vale come opera in sé o vale solo come documentazione?

P.B.: No, io non ho mai pensato di fare una foto per fare la foto, perché non sono un fotografo. Per me è sempre un documento di quel momento. A volte sono stati gli altri che hanno fatto la foto a me, perché non la potevo scattare. L'inquadratura, però, è sempre fatta da me, su treppiedi. Inquadravo quello che volevo fotografare e poi facevo l'azione dentro l'inquadratura, però non mi sento un fotografo. Anche nel quadro "Desiderio di mare", dove una coppia vorrebbe stare al mare e invece passa la domenica su un tetto a fare un finto mare, la fotografia è la documentazione di un avvenimento, ma che sia bella o brutta è secondario. Mentre le fotografie di Diane Arbus sono sempre molto mirate, molto scelte, tant'è vero che lei mi ha detto: "Io quando vado a fare un ritratto o una fotografia a una persona mi porto un rullino - lei aveva la Mamiyaflex - da 6 fotografie, da 12 fotografie - non so quanto faceva - così non lo sbaglio".

M.R.: E invece nel caso della serie delle sculture sottovuoto "Vacuum forming", quelle le inserivi spesso all'interno del contesto urbano e le fotografavi. Pensiamo ad esempio a "Lovers". Lì la fotografia che ruolo aveva? E perché la inserivi nel contesto urbano?

P.B.: Guarda, diciamo che il fatto che la fotografia sia urbana o in studio è perché la fotografia segue me stesso. Non è che io ricorressi alla fotografia per fare la fotografia. Se vedo un posto bellissimo non è che lo fotografo perché mi piace il posto. Me lo godo e poi finisce lì. Ciò vale anche per i "Dipinti sulla neve". Lì la fotografia è un documento del dipinto sulla neve che ho fatto in quel momento con le bombolette spray e che è molto estemporaneo, anche molto fragile, perché poi un momento che si scioglie la neve, sparisce anche l'opera. E quindi la fotografia più che altro è il documento di quello che è avvenuto, che è molto in relazione con il tempo che passa: perché un attimo o 3000 anni, comparati all'eternità, hanno lo stesso valore.