Intervista a Paolo Buggiani



L'interesse per la performance e il graffitismo a New York


Buggiani dà conto della vivacità di New York sia sul fronte performativo, sia su quello dell'arte praticata dai graffitari del South Bronx.

soggetti:
performance; Judson Dance Theater; Living Theater; graffitismo

persone citate: Oldenburg, Claes [artista] ; Geldzahler, Henry [curatore dell'arte americana al Metropolitan Museum of Art] ; Mead, Taylor [autore, attore e performer]

trascrizione:
M.R.: Oltre la fotografia sappiamo che sei entrato in contatto con moltissimi altri personaggi del mondo dell'arte presenti a New York e anche del mondo teatrale, per esempio il Living Theatre. Sei entrato in contatto con il gruppo frequentando il loro teatro, aperto fino al '63?

P.B.: Io li vedevo più che altro quando c'era una performance, non so se a The Kitchen, o in una chiesa sconsacrata a Washington Square, dove facevano delle rappresentazioni di teatro sperimentale. Ogni tanto era coinvolto questo Taylor Mead, che era molto buffo. Una volta stava aggrappato a una palma che veniva mossa e lui diceva: "I'm flying, I'm flying". Poi ho visto delle performance fatte da Oldenburg a The Armory verso la 60esima o 68esima. C'era una piscina e c'era Henry Geldzahler su un gonfiabile che vi veniva spinto. Adesso non mi ricordo bene. Poi c'era una cosa di Frank Stella, di due che giocavano a tennis con una rete, ma senza la pallina. Però c'era questa registrazione "tonct tonct". Erano delle rappresentazioni, delle performance.

M.R.: Quindi eri interessato all'approccio performativo?

P.B.: Sì, però le cose vere e proprie erano le cose dei giovani. Come il South Bronx con "Fashion Moda" dove c'erano molte cose fantastiche. Lì ho tenuto una mostra anch'io. Ho fatto un quadro che era proprio interessante… forse ho trovato delle diapositive. Ho dipinto un pugno con scritto "revolution" con i pennelli su una specie di montagna, e poi uno di questi che vola. Poi sono arrivati i ragazzi graffitari del South Bronx e hanno cominciato a fare i loro graffiti, però lì c'era il muro dove dipingevano e qui c'era questo plexiglas. Tra il muro e il plexiglas c'erano questi che lavoravano e dipingevano anche sul plexiglas, fino a sparire. Quindi questo quadro era tridimensionale. Era gente abituata a fare i graffiti dappertutto: avevano queste due superfici e l'hanno riempite.
Sempre interessanti questi giovanissimi graffitari.
Sono sicuro che il complimento più bello l'ho avuto da uno di questi portoricani che facevano i graffiti. Avevo appena attraversato il ponte di Brooklyn con la mia macchina, la testa del "Cavallo di Troia". La Volswagen era trasformata in una scultura viaggiante, con i cannoncini. Ero a un semaforo rosso e aspettavo il verde. Questo ragazzino - avrà avuto 11 anni, non di più - ha visto la macchina così e m'ha detto: "This is Art"! Poi è venuto il verde e non l'ho potuto nemmeno ringraziare del complimento, però me lo ricordo sempre perché era fantastico.
"This is Art"! Lui così piccoletto aveva capito tutto!