Intervista a Paolo Buggiani



I dipinti sulla realtà


Paolo Buggiani descrive la tecnica dei "Dipinti sulla realtà", ricordando la prima occasione in cui ne ha realizzato uno, nella prima metà degli anni Settanta.

soggetti:
tempo; plexiglas

opere:
Dipinti sulla realtà, Paolo Buggiani

trascrizione:
M.R.: Invece volevo chiederti di un'altra serie che sono i dipinti sulla realtà. Prima hai fatto accenno all'utilizzo dei treppiedi per realizzare la fotografia e quindi il lavoro con lo skyline di New York. Anche in quel caso utilizzavi il treppiede e calcolavi la distanza? Come li realizzavi quei dipinti sulla realtà? Mi viene in mente uno che hai realizzato con una lastra sul Naviglio di Milano.

P.B.: Sono delle lastre di plexiglas sospese davanti a 30 cm dalla macchina fotografica, perché adoperavo dei grandangolari. Per esempio, alla Nikon ci mettevo il 20 in modo che, a 30 cm potevo raggiungere il plexiglas con i pennelli e dipingerci sopra. Quindi hai una grande apertura e anche la distanza focale diventa tutto a fuoco da pochi centimetri - dai 20-30 cm del plexiglas - fino all'infinito. Se tu adoperi un teleobiettivo la distanza focale si allontana. Questo sentimento di dipingere sulla realtà o sui ritratti ti dà la sensazione quasi di dipingere su quello che tu vedi. Essendo il plexiglas raggiungibile con i pennelli, quando tu vedi un paesaggio e cominci a dipingere sulle montagne, hai la sensazione di toccare le montagne. Quindi tutto il mondo ti appartiene in quel momento. E questo è venuto fuori la prima volta in Toscana nel '73-'74. Mentre andavo da Firenze a Castel Fiorentino passando da Montespertoli mi sono fermato con la macchina a guardare il paesaggio. In quel momento c'era vento e le nuvole andavano abbastanza veloci, mentre il paesaggio rimaneva fermo. Allora ho preso delle canne da una vigna. Le ho messe in piedi. Ho preso gli attrezzi dalla macchina: una corda, un pezzo di plexiglas… Ho messo il plexiglas contro la macchina fotografica e - attraverso il visore - ho dipinto sulle nuvole e poi ho cominciato a dipingere il paesaggio. Quando sono tornato alle nuvole c'era rimasto solo il segno delle nuvole: le nuvole si erano spostate, mentre il disegno sul paesaggio era rimasto fisso. Era proprio la sensazione del tempo che passa con un paesaggio che rimane fermo, mentre una sua parte è in movimento. Questo fa parte dei lavori che ho ripreso a New York, dipingendo anziché con i pennelli su un pezzo di plexiglas, con il fuoco. Però la prima cosa che ho fatto è successa in Toscana con le nuvole che correvano mentre il paesaggio stava fermo. Quindi erano due tempi diversi.

I.S.: Paolo, quindi è in Toscana la prima volta che tu dipingi sulla realtà. Ma il plexiglas lo usavi già?

P.B.: Il plexiglas lo adoperavo perché facevo i dipinti sulla realtà fissi. Però questo passaggio del tempo l'ho scoperto proprio con le nuvole che correvano, mentre il resto del paesaggio era rimasto fisso.

I.S.: Però già prima lo facevi: dipingevi sulla realtà con il tempo fisso.

P.B.: Con il tempo fisso.

I.S.: E quando hai cominciato a dipingere sulla realtà?

P.B.: Nel '72.

I.S.: Poco prima… In Italia?