Roma, 20 giugno 2018
durata: 02:13:07
MP4 colour; montato; sonoro
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Lo statuto della fotografia per Buggiani
Buggiani esplicita il valore di documentazione che riveste sempre per lui la fotografia. Egli infatti non si sente in alcun modo fotografo.
soggetti:
fotografia
persone citate: Arbus, Diane
opere:
Desiderio di mare, Paolo Buggiani
Captured space (serie), Paolo Buggiani
Lovers, Paolo Buggiani
Vacuum forming (serie), Paolo Buggiani
Dipinti sulla neve (serie), Paolo Buggiani
trascrizione:
M.R.: Invece per quanto riguarda la tua opera, dopo la pittura informale del periodo romano e i dipinti assemblagisti, tu quindi arrivi alle celebri serie dei corpi umani sottovuoto e dei "Captured space". In questa analisi fra il corpo e lo spazio è importantissima la dimensione fotografica. Per te in quel caso la fotografia che statuto ha? Vale come opera in sé o vale solo come documentazione?
P.B.: No, io non ho mai pensato di fare una foto per fare la foto, perché non sono un fotografo. Per me è sempre un documento di quel momento. A volte sono stati gli altri che hanno fatto la foto a me, perché non la potevo scattare. L'inquadratura, però, è sempre fatta da me, su treppiedi. Inquadravo quello che volevo fotografare e poi facevo l'azione dentro l'inquadratura, però non mi sento un fotografo. Anche nel quadro "Desiderio di mare", dove una coppia vorrebbe stare al mare e invece passa la domenica su un tetto a fare un finto mare, la fotografia è la documentazione di un avvenimento, ma che sia bella o brutta è secondario. Mentre le fotografie di Diane Arbus sono sempre molto mirate, molto scelte, tant'è vero che lei mi ha detto: "Io quando vado a fare un ritratto o una fotografia a una persona mi porto un rullino - lei aveva la Mamiyaflex - da 6 fotografie, da 12 fotografie - non so quanto faceva - così non lo sbaglio".
M.R.: E invece nel caso della serie delle sculture sottovuoto "Vacuum forming", quelle le inserivi spesso all'interno del contesto urbano e le fotografavi. Pensiamo ad esempio a "Lovers". Lì la fotografia che ruolo aveva? E perché la inserivi nel contesto urbano?
P.B.: Guarda, diciamo che il fatto che la fotografia sia urbana o in studio è perché la fotografia segue me stesso. Non è che io ricorressi alla fotografia per fare la fotografia. Se vedo un posto bellissimo non è che lo fotografo perché mi piace il posto. Me lo godo e poi finisce lì. Ciò vale anche per i "Dipinti sulla neve". Lì la fotografia è un documento del dipinto sulla neve che ho fatto in quel momento con le bombolette spray e che è molto estemporaneo, anche molto fragile, perché poi un momento che si scioglie la neve, sparisce anche l'opera. E quindi la fotografia più che altro è il documento di quello che è avvenuto, che è molto in relazione con il tempo che passa: perché un attimo o 3000 anni, comparati all'eternità, hanno lo stesso valore.